Almeno una volta, nella vita di ogni persona, capita di sperimentare quel fenomeno chiamato Deja vù (già visto). Secondo uno studio questo è vero per più del 60% delle persone. Secondo esperti come il dottor Akira O'Connor, docente di psicologia presso l'Università di St. Andrews, il déjà vu non è solo un sentimento di familiarità, ma anche il riconoscimento metacognitivo che questi sentimenti siano “fuori luogo”, cioè non opportuni. Questo meccanismo è descritto come un senso di conflitto tra la familiarità imperante durante il dejà vù e la sensazione che sia un errore di percezione. I neuroscienziati hanno stabilito che questa illusione della memoria si verifica quando le regioni frontali del cervello stanno tentando di correggere una memoria imprecisa.
Sebbene non ci sia una spiegazione completamente
concordata per ciò che accade nel cervello quando si verifica il déjà vu, la
maggior parte dei modelli suggerisce che si verifica quando aree del cervello
(come il lobo temporale) alimentano le regioni frontali della mente segnalando
che un'esperienza passata si sta ripetendo. Le parti frontali del cervello che
prendono le decisioni, effettuano un controllo per vedere se la memoria è
effettivamente vera o possibile, forse dicendo qualcosa del tipo: "sono
stato qui prima?"
Sulla questione sono nate una serie di teorie
affascinanti come quella della non località dei ricordi o quella dei principi
non lineari del tempo che descrivono rispettivamente il déjà vu o come una
sintonizzazione con dei ricordi già avuti o come una possibilità di affrontare
una dislocazione temporale dei ricordi.
L’interpretazione classica data da queste teorie, non tiene in
considerazione alcune situazioni quantistiche presenti nel cervello. In pratica,
quando partiamo dalla considerazione di un modello scientifico classico che
afferma che tutto il tempo è lineare e tutta l'esperienza è lineare, limitiamo
le nostre spiegazioni su ciò che potrebbe essere il déjà vu, a qualcosa che si
adatta a quel paradigma.
Vediamo ora altre possibili interpretazioni del dèjà
vu e delle sue funzioni!
·
Se vediamo la questione da un punto di
vista olografico e incominciamo a capire che la rielaborazione della realtà è
creata da una matrice elettrica anche l’interpretazione del dèjà vu assume un nuovo
significato. Cerchiamo quindi di comprendere più a fondo la visione della creazione
della realtà secondo la nuova fisica. Il comportamento quantistico del campo è
di natura informativa e la mente è una funzione di campo olografico che
comunica con il cervello. Il nostro sistema nervoso è visto come una rete
composta da multi-cavità che interagisce con un dominio meta-cognitivo presente
nella matrice spaziale o campo olografico. In questo sistema esiste una mente attiva
ma separata dalla mente razionale in cui è possibile la creazione degli eventi
come una sequenza elettrica strutturata che anticipa gli eventi stessi. Quando la
mente accede a questo dominio meta-cognitivo la matrice spaziale genera l’immagine
e la comunica al cervello. Quando si ha sovrapposizione tra l’immagine creata
dalla matrice e la registrazione nel cervello dell’immagine come ricordo, sembra
che ciò che sto vedendo sia ciò che sto ricordando, quindi qualcosa di già
visto. Così attiverò tentativi di ridefinizione spaziale e temporale dell’evento
stesso. In questa soluzione l’evento anticipato costituisce la percezione
inconscia della sequenza temporale. In una forma più semplice se vediamo la
mente come immersa nel coniugato di tempo/spazio descritto da Larson possiamo
vedere il dèjà vù come un recupero del ricordo sul paesaggio temporale
anticipato inteso da noi come futuro.
·
Molti associano il dèjà vù a fenomeni di
chiaroveggenza.
·
Anne Cleary, ricercatrice presso la
Colorado State University, ha invece una nuova teoria sul perché il déjà vu è
accompagnato non solo da sentimenti di predizione, ma anche da un sentimento
del "sapevo che sarebbe successo" un minuto dopo. Secondo tale teoria
un pregiudizio “postdittivo” è la vera causa del dèjà vù. Vediamo cosa è emerso
nelle osservazioni fatte in laboratorio: le persone che stavano avendo un déjà
vu non erano in grado di prevedere effettivamente cosa sarebbe successo dopo.
Quella sensazione predittiva, per quanto intensa, era solo una sensazione. Per
testare questa teoria in laboratorio, Cleary ha immerso un gruppo di soggetti
di prova in una scena simile a un videogioco creata nel mondo virtuale di Sims.
Ai soggetti è stato chiesto se stavano vivendo un déjà vu. Successivamente, la
scena virtuale veniva accuratamente cambiata anche con degli spostamenti
imprevisti a sinistra o a destra. Ai partecipanti veniva chiesto se la scena si
era svolta nel modo in cui si aspettavano. In un esperimento successivo, ai
partecipanti è stato inoltre chiesto di valutare la familiarità della scena,
sia prima che dopo la visualizzazione. Dopo aver analizzato i risultati, i
ricercatori hanno scoperto che quando intensi sentimenti di predizione
accompagnavano il déjà vu, emergevano i sentimenti di "postdiction" -
che la persona riferiva, credendo di sapere quale particolare svolta sarebbe
avvenuta. Ma l'esperimento è stato impostato in modo che fosse impossibile per
loro saperlo. Il pregiudizio "Sapevo che sarebbe successo" era molto
forte quando si verificava il déjà vu, e particolarmente forte quando la scena
era classificata come molto familiare.
Anche se questi esperimenti mostrano una buona
influenza delle credenze nel dèjà vù, ci sono dei dèjà vù che derivano da sogni
o da stati di meditazione avanzata come il remote viewing che mostrano la
possibilità della mente di cogliere una potenziale scena futura.
·
In uno studio (THE JOURNAL OF ALTERNATIVE
AND COMPLEMENTARY MEDICINE Vol.10, Number1 e 2, 2004 “ROLLIN McCRATY, Ph.D. et
al…,) 26 adulti, 11 maschi e 15 femmine di età compresa tra i 28 e i 56 anni,
sono stati testati in due condizioni:
1) Condizione psicofisiologica normale di base senza
l’utilizzo di alcuna tecnica meditativa.
2) I partecipanti attuavano la tecnica Hearth Lock In che
induceva una coerenza fisiologica.
Ad ognuno di loro venivano fatte vedere 45 fotografie
su un monitor di cui solo 15 provocavano uno stimolo emozionale. Il tutto
veniva monitorato tramite battito cardiaco.
Conclusioni
a) Alcuni indicatori elettrofisiologici rispondono a
stimoli emozionali che vengono dal futuro, prima che possano essere
sperimentati consapevolmente.
b) Il nostro apparato percettivo continuamente fa lo
scanner del futuro.
c) Risulta chiaro che una significativa decelerazione
del battito cardiaco si ha in risposta a un prestimolo emozionale.
d) Questi studi non precludono la possibilità che
altri organi o sensori del corpo umano possano rispondere al prestimolo
emozionale prima che tale stimolo venga sperimentato consciamente, come evidenziato
per il cuore e il cervello.
·
Uno studio olandese, pubblicato su Nature
Communications dalla Radboud University di Nimega, ha scoperto i neuroni
‘Nostradamus’, capaci di prevedere il futuro. Si trovano nella corteccia
visiva, che elabora le informazioni sensoriali provenienti dagli occhi, e sono
in grado di anticipare gli eventi futuri (ad esempio la traiettoria di un’auto
mentre attraversiamo la strada) basandosi sulle esperienze del passato. Una
serie di calcoli in grado di riprodurre nella più piccola frazione di secondo
una realtà che ancora deve realizzarsi.
·
I neuroscienziati dell'Università di
Glasgow hanno dimostrato come il cervello umano può prevedere ciò che i nostri
occhi vedranno dopo, utilizzando la risonanza magnetica funzionale (fMRI).
Questi studi ci fanno capire che le potenzialità della
mente non sono ancora state comprese bene, tuttavia il dèjà vù in alcuni casi
può aprire effettivamente il ricordo di una sequenza temporale già vista nel
complesso mentale. Infatti se vediamo la differenza elencata da Larson tra
spazio/tempo e tempo/spazio possiamo vedere come l’incarnazione si stia
muovendo in un ambiente spazio/tempo dove la velocità è inferiore a quella
della luce. La mente invece è presente nel tempo/spazio e quindi in grado di
muoversi nel tempo alla velocità della luce. Quando la nostra parte razionale è
in grado di accedere a tale regno di potenziali, anche per un istante, è
possibile vedere ciò che è avanti nel paesaggio temporale. Averne un ricordo al
momento della visione nello spazio/tempo creerebbe il dèjà vù.
Tu che dèjà vù hai avuto?
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