venerdì 26 marzo 2021

Il potenziale della mente: il Dèjà vù


 Almeno una volta, nella vita di ogni persona, capita di sperimentare quel fenomeno chiamato Deja vù (già visto). Secondo uno studio questo è vero per più del 60% delle persone. Secondo esperti come il dottor Akira O'Connor, docente di psicologia presso l'Università di St. Andrews, il déjà vu non è solo un sentimento di familiarità, ma anche il riconoscimento metacognitivo che questi sentimenti siano “fuori luogo”, cioè non opportuni. Questo meccanismo è descritto come un senso di conflitto tra la familiarità imperante durante il dejà vù e la sensazione che sia un errore di percezione. I neuroscienziati hanno stabilito che questa illusione della memoria si verifica quando le regioni frontali del cervello stanno tentando di correggere una memoria imprecisa.

Sebbene non ci sia una spiegazione completamente concordata per ciò che accade nel cervello quando si verifica il déjà vu, la maggior parte dei modelli suggerisce che si verifica quando aree del cervello (come il lobo temporale) alimentano le regioni frontali della mente segnalando che un'esperienza passata si sta ripetendo. Le parti frontali del cervello che prendono le decisioni, effettuano un controllo per vedere se la memoria è effettivamente vera o possibile, forse dicendo qualcosa del tipo: "sono stato qui prima?"

Sulla questione sono nate una serie di teorie affascinanti come quella della non località dei ricordi o quella dei principi non lineari del tempo che descrivono rispettivamente il déjà vu o come una sintonizzazione con dei ricordi già avuti o come una possibilità di affrontare una dislocazione temporale dei ricordi.  L’interpretazione classica data da queste teorie, non tiene in considerazione alcune situazioni quantistiche presenti nel cervello. In pratica, quando partiamo dalla considerazione di un modello scientifico classico che afferma che tutto il tempo è lineare e tutta l'esperienza è lineare, limitiamo le nostre spiegazioni su ciò che potrebbe essere il déjà vu, a qualcosa che si adatta a quel paradigma.

Vediamo ora altre possibili interpretazioni del dèjà vu e delle sue funzioni!

·        Se vediamo la questione da un punto di vista olografico e incominciamo a capire che la rielaborazione della realtà è creata da una matrice elettrica anche l’interpretazione del dèjà vu assume un nuovo significato. Cerchiamo quindi di comprendere più a fondo la visione della creazione della realtà secondo la nuova fisica. Il comportamento quantistico del campo è di natura informativa e la mente è una funzione di campo olografico che comunica con il cervello. Il nostro sistema nervoso è visto come una rete composta da multi-cavità che interagisce con un dominio meta-cognitivo presente nella matrice spaziale o campo olografico. In questo sistema esiste una mente attiva ma separata dalla mente razionale in cui è possibile la creazione degli eventi come una sequenza elettrica strutturata che anticipa gli eventi stessi. Quando la mente accede a questo dominio meta-cognitivo la matrice spaziale genera l’immagine e la comunica al cervello. Quando si ha sovrapposizione tra l’immagine creata dalla matrice e la registrazione nel cervello dell’immagine come ricordo, sembra che ciò che sto vedendo sia ciò che sto ricordando, quindi qualcosa di già visto. Così attiverò tentativi di ridefinizione spaziale e temporale dell’evento stesso. In questa soluzione l’evento anticipato costituisce la percezione inconscia della sequenza temporale. In una forma più semplice se vediamo la mente come immersa nel coniugato di tempo/spazio descritto da Larson possiamo vedere il dèjà vù come un recupero del ricordo sul paesaggio temporale anticipato inteso da noi come futuro.

·        Molti associano il dèjà vù a fenomeni di chiaroveggenza.

·        Anne Cleary, ricercatrice presso la Colorado State University, ha invece una nuova teoria sul perché il déjà vu è accompagnato non solo da sentimenti di predizione, ma anche da un sentimento del "sapevo che sarebbe successo" un minuto dopo. Secondo tale teoria un pregiudizio “postdittivo” è la vera causa del dèjà vù. Vediamo cosa è emerso nelle osservazioni fatte in laboratorio: le persone che stavano avendo un déjà vu non erano in grado di prevedere effettivamente cosa sarebbe successo dopo. Quella sensazione predittiva, per quanto intensa, era solo una sensazione. Per testare questa teoria in laboratorio, Cleary ha immerso un gruppo di soggetti di prova in una scena simile a un videogioco creata nel mondo virtuale di Sims. Ai soggetti è stato chiesto se stavano vivendo un déjà vu. Successivamente, la scena virtuale veniva accuratamente cambiata anche con degli spostamenti imprevisti a sinistra o a destra. Ai partecipanti veniva chiesto se la scena si era svolta nel modo in cui si aspettavano. In un esperimento successivo, ai partecipanti è stato inoltre chiesto di valutare la familiarità della scena, sia prima che dopo la visualizzazione. Dopo aver analizzato i risultati, i ricercatori hanno scoperto che quando intensi sentimenti di predizione accompagnavano il déjà vu, emergevano i sentimenti di "postdiction" - che la persona riferiva, credendo di sapere quale particolare svolta sarebbe avvenuta. Ma l'esperimento è stato impostato in modo che fosse impossibile per loro saperlo. Il pregiudizio "Sapevo che sarebbe successo" era molto forte quando si verificava il déjà vu, e particolarmente forte quando la scena era classificata come molto familiare.

Anche se questi esperimenti mostrano una buona influenza delle credenze nel dèjà vù, ci sono dei dèjà vù che derivano da sogni o da stati di meditazione avanzata come il remote viewing che mostrano la possibilità della mente di cogliere una potenziale scena futura.

·        In uno studio (THE JOURNAL OF ALTERNATIVE AND COMPLEMENTARY MEDICINE Vol.10, Number1 e 2, 2004 “ROLLIN McCRATY, Ph.D. et al…,) 26 adulti, 11 maschi e 15 femmine di età compresa tra i 28 e i 56 anni, sono stati testati in due condizioni:

1) Condizione psicofisiologica normale di base senza l’utilizzo di alcuna tecnica meditativa.

2) I partecipanti attuavano la tecnica Hearth Lock In che induceva una coerenza fisiologica.

Ad ognuno di loro venivano fatte vedere 45 fotografie su un monitor di cui solo 15 provocavano uno stimolo emozionale. Il tutto veniva monitorato tramite battito cardiaco.

Conclusioni

a) Alcuni indicatori elettrofisiologici rispondono a stimoli emozionali che vengono dal futuro, prima che possano essere sperimentati consapevolmente.

b) Il nostro apparato percettivo continuamente fa lo scanner del futuro.

c) Risulta chiaro che una significativa decelerazione del battito cardiaco si ha in risposta a un prestimolo emozionale.

d) Questi studi non precludono la possibilità che altri organi o sensori del corpo umano possano rispondere al prestimolo emozionale prima che tale stimolo venga sperimentato consciamente, come evidenziato per il cuore e il cervello.

·        Uno studio olandese, pubblicato su Nature Communications dalla Radboud University di Nimega, ha scoperto i neuroni ‘Nostradamus’, capaci di prevedere il futuro. Si trovano nella corteccia visiva, che elabora le informazioni sensoriali provenienti dagli occhi, e sono in grado di anticipare gli eventi futuri (ad esempio la traiettoria di un’auto mentre attraversiamo la strada) basandosi sulle esperienze del passato. Una serie di calcoli in grado di riprodurre nella più piccola frazione di secondo una realtà che ancora deve realizzarsi.

·        I neuroscienziati dell'Università di Glasgow hanno dimostrato come il cervello umano può prevedere ciò che i nostri occhi vedranno dopo, utilizzando la risonanza magnetica funzionale (fMRI).

Questi studi ci fanno capire che le potenzialità della mente non sono ancora state comprese bene, tuttavia il dèjà vù in alcuni casi può aprire effettivamente il ricordo di una sequenza temporale già vista nel complesso mentale. Infatti se vediamo la differenza elencata da Larson tra spazio/tempo e tempo/spazio possiamo vedere come l’incarnazione si stia muovendo in un ambiente spazio/tempo dove la velocità è inferiore a quella della luce. La mente invece è presente nel tempo/spazio e quindi in grado di muoversi nel tempo alla velocità della luce. Quando la nostra parte razionale è in grado di accedere a tale regno di potenziali, anche per un istante, è possibile vedere ciò che è avanti nel paesaggio temporale. Averne un ricordo al momento della visione nello spazio/tempo creerebbe il dèjà vù.

Tu che dèjà vù hai avuto?

Nessun commento:

Posta un commento

La fisica può spiegare l'Effetto Mandela?

  Per spiegare l’effetto Mandela si sono scomodate varie discipline, dalla biologia, alla fisica, alla psicologia. Ma andiamo per gradi. C...