Dopo diversi anni spesi a dimostrare la possibilità di rivedere alcuni concetti della fisica con una letteratura che è stata volutamente esclusa e non integrata, sempre più studiosi si iniziano a porre domande e a cambiare visione. Speriamo che sia l'inizio di una nuova visione integrata per tutti.
Un nuovo studio sottoposto a Peer Review suggerisce che il vuoto dello spazio esterno potrebbe essere un fluido non newtoniano, cosa che riporta di attualità un mistero astrofisico vecchio di decenni relativo a due sonde spaziali della NASA. Il nuovo approccio non solo fornisce una soluzione esatta all’anomalia delle sonde spaziali, ma propone anche un modo completamente nuovo di pensare allo spazio, all’universo e alla teoria della relatività generale di Einstein.
In questa nuova teoria, viene proposta un’equazione che presume che lo spazio esterno sia un fluido addensante (dilatante), un tipo di fluido non newtoniano che sfida la legge di viscosità di Newton. Un esempio di questo è il liquido di oobleck, lo strano impasto fatto di amido di mais e acqua che diventa più viscoso quando viene compresso. Gli oggetti che viaggiano attraverso questo fluido, come le sonde della NASA, sarebbero rallentati dalla viscosità.
Negli anni ’70, due sonde spaziali della NASA, le Pioneer 10 e 11, furono lanciate nello spazio con destinazione Giove e Saturno. Mentre i tecnici della NASA seguivano la loro traiettoria, ad un certo punto si accorsero che le sonde erano migliaia di chilometri più vicine alla Terra del previsto, in qualche modo avevano rallentato di 0,874 nm/s2 (nanometri al secondo quadrato).
La comunità scientifica ha cercato di capire perché le due sonde avevano misteriosamente rallentato, e nel 2012 è stato pubblicato un documento che suggerisce che l’anomalia sia stata dovuta ai fotoni termici delle sonde emessi dalla dissipazione non uniforme del calore emesso dalle sonde. Per capirci tramite un’analogia, sarebbe come quando si spara un proiettile in avanti con un fucile sentendo la forza del rinculo sulla spalla.
Secondo il documento, il rinculo delle sonde avrebbe dovuto causare una decelerazione di 0,74 ± 0,25 nm / s 2 un valore abbastanza vicino a quello reale. Un editoriale in proposito è stato pubblicato su Nature Physics con il titolo titolo …and farewell to the Pioneer anomaly, chiudendo efficacemente il problema.
“Dopo che una simile pietra tombale era stata posta sull’anomalia delle sonde Pioneer è stato difficile per me pubblicare nuovi risultati; non c’era alcun desiderio di riaprire il problema“, ha affermato il dott. Marco Fedi, un ricercatore italiano che ha pubblicato il nuovo studio sul Canadian Journal of Physics. “Ma la scienza non si ferma mai e i miei risultati sono stati sorprendenti“.
Nel suo articolo, Fedi ha ottenuto il valore esatto di decelerazione di 0,874 nm / s 2 misurato dalla NASA. Secondo la sua teoria, le sonde della NASA hanno rallentato perché lo spazio esterno agiva come un fluido viscoso, rallentando le sonde.
Testare la teoria: stabilità delle orbite planetarie
Se la teoria di Fedi fosse corretta, l’implicazione immediata sarebbe che tutto nello spazio si muove attraverso un fluido dilatante che lo rallenta, anche il nostro pianeta. Se i pianeti del nostro sistema solare rallentassero troppo, tuttavia, cadrebbero fuori dall’orbita e finirebbero per precipitare nel Sole. Per verificare se la sua teoria è compatibile con la stabilità orbitale, Fedi ha calcolato quanto tempo impiegherebbe la Terra a uscire dall’orbita supponendo che si stia muovendo attraverso un fluido dilatante e la risposta è di trilioni di anni, grazie alla sua massa molto più grande rispetto a quella delle sonde Pioneer.
Test della teoria: la precessione del perielio di Mercurio
Fino a quando Einstein non propose la sua teoria della relatività generale, i ricercatori non avevano alcuna spiegazione del perché l’orbita ellittica di Mercurio attorno al sole spostasse lentamente la sua direzione nel tempo più del previsto dalle leggi della fisica classica e in modo notevolmente più pronunciato rispetto ad altri pianeti.
Il mistero, chiamato precessione del perielio di Mercurio, è stato risolto quando Einstein ha proposto che la massa del Sole crea un campo gravitazionale attorno ad esso e che l’orbita di Mercurio è interessata perché è il pianeta più vicino al Sole.
Fedi, per testare la validità della sua teoria, ha derivato la formula di Einstein per la precessione del perielio usando le sue equazioni per lo spazio come fluido dilatante. Il risultato è stato identico a quello prodotto dall’equazione di Einstein per la precessione di Mercurio, lo stesso delle tradizionali equazioni per la relatività generale. Ciò suggerisce che i suoi risultati siano perfettamente compatibili con la teoria di Einstein e che potrebbero aggiungervi le basi quantistiche della relatività generale.
Lo spettro oscuro e il campo di Higgs
Poiché i fluidi devono essere composti da particelle, la nuova teoria pone anche delle domande sulla composizione di questo fluido addensante. Fedi ipotizza che questo fluido sia composto da materia oscura ed energia oscura, che si ritiene rappresentino il 95% della massa dell’universo ma la cui esistenza deve ancora essere provata sperimentalmente.
Le interazioni di questo fluido con sonde e pianeti potrebbero costituire le prime prove dirette della loro esistenza. Dato che i granuli di amido di mais nell’acqua causano il comportamento non newtoniano della oobleck, le particelle di materia oscura diffusa in un mare di energia oscura potrebbero essere la ragione dell’esistenza di questo vuoto dilatante.
Fedi ha anche discusso del campo di Higgs, un campo viscoso onnipresente composto da bosoni di Higgs, come possibile ragione dell’esistenza di un vuoto dilatante.
Sia le une che l’altro potrebbero essere il motivo per cui lo spazio esterno funge da fluido viscoso e ora saranno necessarie nuove ricerche più specifiche per determinare come.
Se lo spazio esterno agisce davvero come un fluido che s’ispessisce al taglio, aggiungerebbe nuovi elementi alla teoria della relatività generale di Einstein e cambierebbe radicalmente il modo in cui l’universo è concettualizzato.
“Un secolo dopo la relatività generale e dalla sua formulazione puramente matematica dello spazio-tempo, sono convinto che siamo un passo avanti verso un cambiamento, i cui segreti sono probabilmente nel vuoto. Ex nihilo omnia [dal nulla viene tutto]”, ha concluso Fedi.
Nei giorni tra il 16 e il 17 aprile si è diffusa una notizia riguardante l’osservazione della particolare “danza” di una stella attorno ad un buco nero, presentata come l’ennesima prova a favore della relatività generale.
In effetti, una nota equazione del genio di Ulm è capace di predire esattamente tale “danza” stellare. Tecnicamente si tratta di una “precessione del perielio”, già nota da molto tempo agli addetti ai lavori, perché riguarda anche l’orbita di Mercurio attorno al Sole.
Quando Einstein spiegò matematicamente lo strano comportamento di Mercurio questa fu un’importante conferma per la sua teoria. La prima prova classica della relatività generale.
Ma ora alla sua stessa equazione è arrivato anche qualcun altro, e per vie assolutamente inattese. E’ accaduto in sordina non troppo tempo fa, quando il Canadian Journal of Physics, piccola ma rispettabile rivista di fisica nordamericana, ha pubblicato con entusiasmo, dopo un positivo peer review, un nuovo studio, dove l’equazione di Einstein per la precessione del perielio è stata riottenuta partendo dal presupposto che lo spazio non sia curvo bensì “fluido”, per l’esattezza un “fluido dilatante”, come il simpatico liquido chiamato “oobleck”, protagonista di molti video che si possono trovare su YouTube.
L’autore dell’articolo non è un illustre fisico di Princeton o di Oxford, bensì il preside di un istituto scolastico di Prato, il prof. Marco Fedi, il quale afferma: “numericamente le equazioni di Einstein producono risultati corretti. Ma siamo sicuri che la spiegazione qualitativa delle caratteristiche dello spazio (cioè uno spaziotempo “curvo”), che Einstein ci propone da più di un secolo, sia quella giusta? Io sto di fatto dimostrando che, se lo spazio fosse un fluido dilatante, la precisione nei risultati non sarebbe da meno! Certo, quando si parla di spazio fluido, molti esperti trasaliscono al pensiero che si voglia riportare in vita una sorta di vecchio “etere”: eppure grazie all’energia e alla materia oscure (che sono il 95% della massa-energia dell’universo) ed anche al campo di Higgs e ai tanti noti effetti che coinvolgono il vuoto quantistico (il “Lamb shift” per esempio), sappiamo bene che lo spazio vuoto… è tutt’altro che vuoto! Se quindi fosse proprio un fluido dilatante?”
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