sabato 17 marzo 2018

Ecco perché la nuova fisica ha superato il concetto di particelle pesanti nel mondo dei quanti

Abbiamo più volte spiegato come in fisica l'unica indicazione di massa è l'inerzia, e che cos'è l'inerzia, chi legge qui direbbe la capacità di un vortice dell'etere a mantenere la sua posizione e non farsi spostare. Questa fisica ci ha consentito di predire questa scoperta un anno prima della fisica d'avanguardia:

Vedere qui

questa super scoperta:

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Ma per non essere troppo auto-referenziali vedremo cosa dice un pò di letteratura e altri autori che ci tengono compagnia in queste spiegazioni.



In un documento recente del fisico di punta Leonard Susskind, direttore dello Stanford Institute for Theoretical Physics, si affronta un nodo fondamentale della interpretazione di Copenhagen della meccanica quantistica.
Lo studio inizia identificando una delle principali debolezze di tale interpretazione, ovvero la richiesta di un singolo osservatore esterno che non sia parte del sistema analizzato.
Questo requisito ha portato molta confusione ed inconsistenze logiche nel cercare di comprendere la relazione tra molteplicità di osservatori e sistema osservato.
Ovviamente, la situazione è insostenibile, dato che l’universo è pieno di sottosistemi che possono fare da osservatori e non esiste isolamento di uno di essi, tale da permettere “misurazioni” indipendenti.
In un documento intitolato The Unified Spacememory Network, il fisico Nassim Haramein, il biofisico William Brown e l’astrofisico Amira Val Baker, discutono la molteplicità degli osservatori o “sottosistemi”, per preparare le basi di un modello ontologico della fisica della coscienza, esponendo alcune inconsistenze logiche della meccanica quantistica di Copenhagen. Nell’articolo The Unified Spacememory Network: from Cosmogenesis to Consciousness (Journal of NeuroQuantology, 2016), Haramein, Brown e Val Baker affermano:
“Una indagine della natura della coscienza, da quanto risulta, è legata strettamente all’esplorazione della natura della realtà. Questo è esemplificato nel secolare adagio “se un albero cade nella foresta e nessuno è lì per ascoltare, produce un suono?”.
A quale livello la realtà oggettiva dipende dall’osservatore? Chiaramente, molti di noi risponderebbero che produce in effetti un suono, dato che il suono nasce dalla vibrazione delle molecole dell’aria.
Questa domanda è comunque nuovamenta affiorata nella forma del gatto di Schrödinger, in parte per dimostrare la natura non fisica del modello Heisengberg-Bohr della teoria quantistica, detto anche interpretazione di Copenhagen, il modello oggi predominante.
Tali interpretazioni sono tentativi di descrivere i meccanismi fisici del famoso esperimento della doppia fenditura, che alcuni fisici consideravano privi di spiegazione classica. Tuttavia recenti studi sperimentali hanno trovato una soluzione diversa basata sulla dinamica dei fluidi nei sistemi classici.
L’interpretazione di Copenhagen ha spinto a pensare che osservatore e osservato possano essere isolati dal sistema in cui si trovano e che la loro relazione definisca la riduzione dell’ampiezza di probabilità (collasso della funzione d’onda) in un evento definito. In tale modello, la funzione d’onda che descrive la sovrapposizione di autovalori si tradurrebbe in ampiezza di probabilità e una particella non esiste fisicamente finchè non viene osservata in qualche modo.
Il concetto che un osservatore genera la realtà in cui avvengono gli eventi, tale emissione sonora di un albero caduto, assume l’isolamento del quadro di riferimento relativo all’evento. Ovvero, tutte le interazioni nel sistema, come ad esempio delle molecole d’aria, degli uccelli negli albero vicini, della vita microbica attorno e tante altre, possono essere considerate sistemi di riferimento (“osservatori”), che vivono l’evento da diverse prospettive. Esiste un meccanismo in cui la relazione dei sistemi di riferimento genera un comportamento collettivo che infine evolve in uno stato di auto-consapevolezza?
Di recente Susskind ha esaminato l’interpretazione di Copenhagen e afferma:
“L’interpretazione di Copenhagen ovviamente non può essere l’ultima parola. L’universo è pieno di sottosistemi e ognuno di essi può giocare il ruolo di osservatore. Non c’è posto nelle leggi della meccanica quantistica per il collasso della funzione d’onda, l’unica cosa che avviene è che la funzione d’onda generale evolve unitariamente e diviene sempre più intrecciata (entangled).
L’universo è una rete immensamente complicata di sottosistemi in stato entangled e solo in piccola approssimazione possiamo definire un particolare sottosistema, come OSSERVATORE.
Questi recenti avanzamenti, che vengono da Susskind, Haramein e altri fisici prominenti, possono essere visti come un ritorno al realismo, perchè se non è possibile un vero isolamento di un sistema dalla miriade di sottosistemi che possono fare da osservatori, allora l’Interpretazione di Copenhagen per cui le particelle non esistono fino alla loro misurazione, diviene obsoleta. Una particella è sempre, ad un livello o l’altro, intrecciata con un altro sistema.
Questa costante interazione significa che la “misurazione” o osservazione, avviene costantemente, quindi non c’è un momento in cui la particella esiste solo come sovrapposizione astratta, una funzione d’onda puramente matematica senza precisa posizione o momento.
Nei documenti Quantum Gravity and the Holographic Mass e il più recente The Electron and the Holographic Mass Solution, la sfida secolare per descrivere le soluzioni alla fisica unificata, trova una risposta. Nella sua semplice essenza, la soluzione viene dalla struttura quantistica e la geometria multi-connessa dello spaziotempo, dove le fluttuazioni energetiche discrete nelle dimensioni più piccole, curvano lo spaziotempo fino a quando la gravità quantistica le riunisce in piccoli buchi neri, che sono le particelle elementari della materia.
Eseguendo i calcoli sfruttando il rapporto olografico degli oscillatori energetici dello spaziotempo, si hanno come risultato dei parametri fondamentali, la prima volta in cui i caratteri elementari della fisica vengono derivati da principi primari. Massa, carica, spin, forza elettromagnetica e di confinamento, sono tutte manifestazioni della rete di wormhole nella scala di Planck e del rapporto olografico nello spaziotempo curvo, quindi l’universo che parla con sè stesso.
Questi fattori non sono aggiunti ai calcoli in modo arbitrario, senza spiegare quale sia la fonte e non sono necessari campi indipendenti come quello elettromagnetico, il campo di Higgs e di colore della QCD, tutti questi domini vengono unificati come geometria multi-connessa dello spazio tempo o “gravità quantistica”.
Da questo vediamo come la geometria quantistica dello spaziotempo olografico sia sottostante a molte delle meccaniche e proprietà della fisica delle particelle. La scena utile ad affrontare alcuni degli aspetti più confusi della teoria quantistica, come entanglement, sovrapposizione e altre caratteristiche non-locali, è stata preparata.
Nel documento Unified Spacememory Network, Haramein e il suo gruppo di ricerca, hanno descritto la geometria estesa degli oscillatori del vuoto nella scala di Planck e mostra come siano in effetti dei micro-wormholes.
Questa rete di micro-wormholes forma delle reti di entanglement in tutti i riferimenti di spazio e tempo, legando essenzialmente assieme lo spaziotempo. In questo approccio, le particelle risultano essere formate da configurazioni discrete nella scala di Planck, collegate dalla rete di micro-wormholes che permette di scambiare informazione lungo tutte le scale dimensionali.
Questa comprensione rivelatrice della natura intrecciata dello spaziotempo e delle particelle, è quindi stata applicata per capire la fonte di grande coerenza che permette l’esistenza di sistemi auto-organizzanti e che li guida in una evoluzione di complessità e sinergia. Dobbiamo anche notare che nonostante sembrino concetti stravaganti, la matematica risultante predice con grande precisione masse e forze fondamentali delle particelle.
Altri ricercatori stanno convergendo alle stesse conclusioni. In un documento del 2013, Susskind e Juan Maldacena (leggete Firewalls or Cool Horizons) spiegano tutto questo con la semplice “equazione” ER=EPR, dove ER sta per ponti di Einstein-Rosen (wormholes o ERBs) ed EPR sta per correlazioni Einstein-Rosen-Podolsky (sistemi quantistici che soddisfano la diseguaglianza di Bell (non-località)). Essenzialmente spiegano che dove troviamo entanglemente quantistico tra due particelle, troviamo anche un wormhole che le connette.

Molti hanno dato a questa idea il significato che la geometria dello spaziotempo sia il risultato dell’entanglement quantistico, ma Susskind è andato oltre e asserisce che l’entanglement potrebbe essere il risultato della geometria dello spaziotempo, nel senso che dove ci sono wormholes, c’è l’entanglement (una idea controversa per molti fisici).

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In un documento più recente, Susskind espone altro sulla natura e le conseguenze dell’entanglement nel vuoto. Viene dimostrato come l’intero universo debba essere trattato come un singolo sistema entangled, una descrizione già presente nella Formulazione di Everett dello Stato-Relativo della meccanica quantistica, dove non c’è il collasso della funzione d’onda, una caratteristica primaria nell’interpretazione di Copenhagen.
Questo dona alle particelle della meccanica quantistica un nuovo realismo, in quanto esistono con una definita posizione e un definito momento prima di essere misurate, come nella teoria di de Broglie-Bohm dell’Onda Pilota, che descrive quasi tutti i fenomeni quantistici bene quanto l’interpretazione di Copenhagen, ma con una visione più chiara delle cause e degli effetti osservati.
Questo ha ottenuto particolare successo nella dimostrazione dei risultati del famoso esperimento della doppia fenditura, in cui un sistema analogo idrodinamico può dimostrare l’interferenza delle onde a causa dell’interazione delle “particelle” con la propria onda pilota in un mezzo fluido.
A supporto dell’importanza della geometria dello spaziotempo (in aggiunta alle sue proprietà idrodinamiche come descritte dalla teoria dell’Onda Pilota), Susskind dimostra come i fenomeni quantistici non-locali possano essere completamente descritti tramite connessioni attraverso micro-wormholes nella scala di Planck. Inclusi l’esperimento della doppia fenditura e del teletrasporto quantistico, oltre all’entanglement.
Un punto cruciale di tutto questo e riconosciuto dallo stesso Susskind, “è che non esiste netta separazione tra particelle e buchi neri” (vedere la sessione di domande e risposte della sua conferenza “ER=EPR, what’s behind the horizon of black holes?”), anche se le particelle sono piccole rispetto alle loro controparti astrofisiche.
Esplorando la struttura geometrica dello spaziotempo con maggior dettaglio, iniziamo a capire che esistiamo in effetti in un Universo Connesso, una visione sviluppata da Haramein in tre decenni.
William Brown
hiup.org
Per approfondire:

Estratto intervista Riccardo Telesca

Gran parte della fisica classica non sa rispondere a diverse domande, ma se spulciamo un pò di testi scopriamo che il concetto di massa nel modello standard non ha nessuna definizione. Nessun indizio di cosa sia la massa!!!
Da qui la ricerca del bosone di Higgs e tutta la storia che conoscete bene….
Tuttavia cosa intendono con bosone di Higgs se non una fluttuazione quantistica del vuoto……….
La soluzione di Schwarzschild per le equazioni di Einstein nel vuoto descrive lo spazio-tempo attorno a una massa sferica, non rotante, e priva di carica elettrica, le condizioni di un buco nero. Che è un termine assai improprio per definire una singolarità gravitazionale.
Haramein ha misurato la massa del protone in relazione alle oscillazioni del vuoto, cioè il volume del protone quante distanze di Planck contiene? Il valore si attesta a 10 alla 55 gr/cm3 uguale alla massa dell’universo, mentre la densità del vuoto è di 10 alla 93 gr/cm3.
Questo rende evidente che ogni atomo ha massa sufficiente per avere una singolarità gravitazionale e accomuna il processo universale in un perfetta reiterazione frattale.
Osservando l’universo stiamo quindi osservando la suddivisione della singolarità. Quindi l’unità.
In pratica ogni protone è entangled tramite la struttura del vuoto e il vuoto è il punto di uscita dalla torsione dello spazio tempo in ogni punto di singolarità. Quindi ogni porzione di universo ha una singolarità che è la stessa del dominio del vuoto.

Estratto quantum Gravity di Nassim Haramein

Nassim Haramein ha calcolato una soluzione geometrica per il campo gravitazionale. Nel suo ultimo articolo “Quantum Gravity and the Holographic Mass” (Gravità quantistica e massa olografica) egli descrive la gravità in termini algebrici calcolando la densità dello spazio sia all’interno che all’esterno dell’orizzonte degli eventi del protone.
Questo apparente “vuoto” di spazio è in realtà un super fluido infinitamente denso fatto di piccolissime bollicine di energia. Qualche volta viene chiamata “schiuma quantistica”, ognuna di queste minuscole vibrazioni rappresenta una forma d’onda sferica, o quanto, che corrisponde al diametro della più piccola distanza misurabile, la lunghezza di Planck. Haramein denomina queste piccoli bit sferici di informazione PSU, Unità Sferiche di Planck. I PSU all’interno dell’orizzonte degli eventi del protone sono impacchettati perfettamente con una geometria che riempie tutto lo spazio, un Fiore della Vita strutturato in 3D in cui il centro di ogni sfera è connessa alle altre da una geometria tetraedrica. I PSU all’interno del volume del protone si proiettano olograficamente sulla superficie dell’orizzonte degli eventi del protone formando un modello del Fiore della vita in 2D.
In questa immagine, la prima equazione descrive il rapporto tra la superficie del protone e i Planck circolari di superficie, mostrando che il numero dei Planck equatoriali circolari sulla superficie del protone equivale a 10↑40 (10 alla 40 o 1000000000000000000000000000000000000000 diametri circolari con lunghezza di Planck).
La seconda equazione mostra il numero delle Unità Sferiche di Planck contenute all’interno del protone, che è 10↑60. Nella terza equazione la superficie esterna dell’orizzonte viene divisa per il volume interno e quindi moltiplicata per la massa di Planck, per ottenere la massa del protone. Con un semplice calcolo di geometria classica, Haramein ottiene la massa del protone in accordo con il modello standard, come da misurazione esterna in laboratorio: 10↑-24 gm.
Haramein ha quindi calcolato che i Planck circolari di superficie divisi per quelli interni danno la massa gravitazionale del protone, che è pari a 10↑14, l’esatta quantità di massa necessaria ad un protone per obbedire alla condizione di Schwarzschild per un buco nero.
I Protoni Sono Buchi Neri Su Scala Quantistica.
La Gravità È Un Rapporto Tra Volume Ed Area Superficiale..


L’idea che le particelle possano essere microscopici buchi neri può sembrare strana, ma persino nel modello canonico della fisica, particelle elementari come elettroni e quark possiedono una massa pur essendo di dimensione zero. A causa dell’autoenergia di una particella puntiforme, i leptoni hanno massa e carica nuda infinita, quindi le fluttuazioni del vuoto sono necessarie per per schermare questi valori infiniti. Tale particella puntiforme è una singolarità o i linguaggio più comune, un buco nero. Allora perchè le particelle elementari non sono viste come micro buchi neri? Una ragione è che la teoria di campo quantistica tratta le particelle come oggetti probabilistici estesi, che non esistono se non come stati di sovrapposizione, quindi non sono davvero particelle puntiformi, dato che non occupano alcun punto specifico dello spazio. Tuttavia, la stessa teoria stipula che grazie al collasso della funzione d’onda, una particella tornerà in una posizione puntiforme e quindi alla singolarità. Persino nella teoria delle stringhe troviamo paralleli stretti tra le stringhe, il loro comportamento come brane e le singolarità o buchi neri.

Altro argomento dice che i micro buchi neri non potrebbero esibire le caratteristiche osservate delle particelle elementari e mentre questa è un assunto di base, le indagini reali nella materia hanno mostrato che i micro buchi neri possono invece esibire molte delle caratteristiche osservate delle particelle elementari. Nel 1935 Albert Einstein e Nathaniel Rosen affrontano la questione “particelle come singolarità” nel loro famoso documento “the particle problem in the general theory of relativity“, Einstein e Rosen volevano una teoria che eliminasse la singolarità puntiforme e descrivesse le particelle materiali dalla pura soluzione gravitazionale della relatività generale e dalle soluzioni di Maxwell per l’elettromagnetismo, una teoria unificata.
A questo proposito immaginarono un percorso radiale verso la singolarità. Invece di attraversare l’orizzonte degli eventi per arrivare al centro, Einstein e Rosen mostrarono come far combaciare il tracciato su altro percorso verso l’esterno, ma in una sezione separata dello spazio-tempo. Immaginate delle forme a imbuto generate da due fogli di gomma adiacenti e connessi a livello del collo, che forniscano un percorso continuo da una superficie all’altra. Questa struttura crea un collegamento o ponte tra due punti distinti dello spaziotempo. Venne formato il ponte di Einstein-Rosen.
particelle elementariQuasi 20 anni dopo il grande fisico John Archibald Wheeler riprese lo schema di Einstein e Rosen e formulò il campo della geometrodinamica quantistica. Wheeler descrisse come un campo esterno elettromagnetico estremamente forte possa curvare lo spaziotempo ad un livello tale da ripiegarlo su sè stesso, formando un toroide (come un anello fotonico), che nelle dimensioni quantistiche formerebbe un micro buco nero. Tale oggetto sarebbe indistinguibile da una particella: Wheeler lo definì entità elettromagnetica gravitazionale o Geone. Avrebbe massa e carica anche se queste non sarebbero caratteristica intrinseca del campo prima della formazione del micro buco nero, diverrebbero conseguenza della geometria dello spaziotempo.
http://www.altrogiornale.org/wp-content/uploads/2017/03/wheeler-geon-300x204.gifIn modo simile al ponte di Einstein-Rosen, Wheeler descrisse questi geoni come coppie di particelle connesse da un ponte di spaziotempo o wormhole: il wormhole di Wheeler era nato. Recentemente, in uno studio sulla geometria dell’entanglement (ERb=EPR), i calcoli hanno predetto la formazione della coppia di particelle connesse di Wheeler, tramite l’effetto olografico di Schwinger. Mentre la maggioranza dei fisici al lavoro sull’unificazione, ha deviato dalla geometrodinamica quantistica a favore delle teorie delle stringhe, comunque il lavoro su questa idea è andato avanti. Nel 1968 Brandon Carter ha mostrato che un buco nero con stessa massa, carica e momento angolare di un elettrone, mostrerebbe lo stesso momento magnetico. Questa è una scoperta importante, perchè i calcoli che non includono la relatività generale e trattano l’elettrone come una piccola sfera rotante di carica, forniscono un momento magnetico errato per almeno un fattore di 2.
Nel 2008 uno studio riguardante “uno scenario di gravità forte nella fisica delle particelle” ha mostrato che buchi neri in evaporazione per la radiazione di Unruh-Hawking, passerebbero in una transizione di fase risultante in vari oggetti quantizzati di lunga durata e dimensioni ragionevoli, incluse quelle delle particelle del dominio quantistico. Ancora, questa porta a ipotizzare che forse tutto è fatto da micro buchi neri. Nel 2012, Nassim Haramein ha scoperto (continuando dal lavoro precedente) che la forza di confinamento di un adrone e un nucleo può essere esattamente descritta dalla forza gravitazionale di un protone di Schwarzschild (un buco nero con lo stesso diametro di un protone), senza necessità dell’aggiunta di una forza forte. Anche se questi calcoli dimostrano che i micro buchi neri presentano le caratteristiche osservate delle particelle elementari, come massa, carica e spin, l’idea dei micro buchi neri continua ad essere fortemente criticata. In un documento del 1992, Christoph Holzhey e Frank Wilczek hanno indagato su come certi buchi neri possano essere ragionevolmente visti come normali particelle elementari:
“Esiste una distinzione fondamentale tra buchi neri e particelle elementari? L’uso di concetti come entropia, temperatura e risposta dissipativa nella descrizione delle interazioni del buco nero, fanno sembrare questi oggetti molto diversi dalle particelle elementari. Questo fa sospettare che la descrizione dei buchi possa richiedere una distanza dai principi fondamentali della meccanica quantistica. Tuttavia un atteggiamento più conservativo non è certo precluso. In questo documento analizzeremo una particolare classe di soluzioni dei buchi neri (buchi neri di estrema dilatazione) in dettaglio e discuteremo del come alcuni di essi sembrino in effetti comportarsi come le particelle elementari”.
Black Holes as Elementary Particles.
La nostra discussione in questo articolo non esaurisce l’interezza di fonti e informazioni che possono riguardare questo argomento, ma fornisce una panoramica generale nel lavoro fatto per indagare sul confronto tra micro buchi neri e particelle elementari.
Nota: Frank Wilzcek ha scritto un recente articolo che discute la computazione quantistica topologica con anioni (arxiv).
William Brown
resonance.is

Estratto lavoro David Wilcock



 MECCANICA BASILARE DEL QUANTUM ETERICO

Gli esperimenti del dott. Kozyrev forniscono un punto di vista radicalmente differente sulla materia e le sue interazioni e connessioni con l’ambiente circostante, rispetto a ciò che si dice nella scienza ufficiale. Perciò, per giustificare il motivo per cui la materia incrementa e decrementa leggermente di peso è necessario pensare a un nuovo modello di meccanica quantica, basato sulle interazioni con una fonte non-elettromagnetica di energia fluida. Questioni di tipo più esoterico, collegate al modo di connettersi dei campi torsionali con la coscienza e la spiritualità saranno discusse nei successivi capitoli; a questo punto, il nostro proposito principale è quello di stabilire in fisica un sistema di lavoro che spieghi esattamente che cosa sia la materia. Se non altro, le scoperte di Kozyrev ci fanno capire che non possediamo ancora un modello adeguato per rispondere a questa domanda.

Per fortuna, molti pensatori esperti stanno affrontando i problemi relativi alla fisica quantica, e sono riusciti ad illustrare modelli basati sull’etere che rispondono a queste assillanti questioni, ma questi risultati sembrano essere stati completamente ignorati nella comunità scientifica ufficiale occidentale. Fra questi pionieri possiamo includere i professori Milo Wolff, Vladimir Ginzburg, Volodymyr Krasnoholovets, Charles Cagle, “Smart 1234”, John Nordberg, Henry Myers, Harold Aspden, R.B. Duncan, Buckminster Fuller, Oliver Crane, il Ten. Col. Tom Bearden e molti altri. Ognuna di queste fonti contiene differenti pezzi del ‘puzzle’, ma immaginiamo che il lavoro di Rod Johnson possa servire a spiegare una serie di paradossi restanti – di questo studioso parleremo nel capitolo quattro. Anche se certamente è possibile per autori futuri presentare un modello completo e unificato, tratteremo solo alcune interessanti linee guida allo scopo di dimostrare che un simile modello può e deve invece esistere.

2.2 - LA NUOVA VISONE DELLA RELATIVITA’ IN GINZBURG

I primi concetti chiave che desideriamo esplorare sono da collegarsi all’opera del dott. Vladimir Ginzburg, nato a Mosca e trasferitosi negli USA con la famiglia nel 1974. Dopo la laurea in scienze tecniche nel 1968, egli si trovava certamente nella migliore posizione per conoscere le scoperte di Kozyrev, uno dei maggiori astrofisici russi. Come detto, nell’ex-Unione Sovietica esisteva un forte desiderio del regime di stendere un velo di segretezza su questi argomenti, infatti Ginzburg stesso non menziona Kozyrev nelle sue opere. Nondimeno, Ginzburg scoprì che potevano essere effettuate poche semplici modifiche alle comuni equazioni facenti parte della teoria della relatività senza creare discordanze con le osservazioni note e, per di più, riuscendo a spiegare le anomalie di modificazione del peso della materia che già Kozyrev aveva notato.

La teoria della relatività afferma che un oggetto aumenta gradualmente la sua massa una volta che è stato sottoposto ad accelerazione. Secondo il pensiero scientifico convenzionale, nessun oggetto può superare la velocità della luce, perché appena esso raggiunge tale velocità, secondo le equazioni l’oggetto diventerebbe infinitamente grande. Allora, in termini approssimativi, Ginzberg trovò che era possibile invertire completamente queste equazioni senza violare alcuna regola scientifica. Questo significa che invece di diventare più grande, un oggetto avrebbe addirittura rilasciato energia verso l’etere nel momento in cui fosse stato spostato, provocando così la perdita graduale di tutte le sue caratteristiche profonde di massa gravitazionale, massa inerziale e polarità elettrica qualora avesse raggiunto la velocità della luce. Ginzberg presenta questi nuovi concetti nei seguenti termini: [grassetto nostro]

         Le caratteristiche principali di queste nuove equazioni sono:
-          Sia la massa gravitazionale che quella inerziale di una particella decrescono quando la sua velocità aumenta.
-          La polarità elettrica di una particella decresce allo stesso modo quando la sua velocità aumenta…

Come si vede, la massa (peso) complessiva di un oggetto è rappresentata sia dalla massa gravitazionale che da quella inerziale, le quali sono semplicemente misure del comportamento della gravità e dell’inerzia su di un oggetto. Curiosamente, sia la gravità che l’inerzia manifestano essenzialmente effetti identici sulla materia; ciò è noto come il “Principio di Equivalenza” di Einstein. Tale principio ci mostra che la gravità e l’inerzia sono due forme della stessa energia di uguale forza, una (la gravità) che si muove verso giù, e l’altra (l’inerzia) che provoca la resistenza al movimento nello spazio. Questo è uno dei modi più semplici per capire che deve allora esistere un ‘etere’ o ‘vacuum fisico’, che risiede dietro queste forze, come aveva già notato Kozyrev. Così, dopo aver iniziato ad accelerare un oggetto (che abbiamo già detto essere simile ad una spugna immersa nell’acqua in questo nuovo modello), la pressione aggiunta comprimerà atomi e molecole dell’oggetto causando con sempre maggior evidenza il rilascio del suo etere.

Ginzburg poi continua:

Potreste non essere preparati ad abbandonare subito le vecchie equazioni relativistiche. Ma quando lo sarete, scoprirete molte cose interessanti:
- Solo quando una particella è a riposo può essere considerata come materia ‘pura’. Appena la particella comincia a muoversila sua massa gravitazionale e la polarità elettrica inizieranno a decrescere, in accordo con le nuove equazioni relativistiche, così che una parte della sua materia sarà convertita in un campo. Quando la velocità della particella diventa uguale all’ultima velocità di campo  a spirale “C”, la sua massa gravitazionale e polarità elettrica diverranno uguali allo zero. A quel punto, la materia sarà completamente convertita in un campo ‘puro’.

“L’ultima velocità di campo a spirale ‘C’” menzionata da Ginzburg è leggermente più alta della normale velocità della luce, a causa del percorso a spirale che egli ritiene ogni energia debba seguire. Questo semplice cambio nelle equazioni della relatività base porta quindi ad una nuova fisica quantica della trasmutazione, contenente il concetto che un oggetto può sparire completamente dalla nostra realtà fisica conosciuta. E questo conduce dritto ad un nuovo interrogativo: “Sparisce per andare dove?”

2.3 - MISHIN E ASPDEN TROVANO ENTRAMBI DIFFERENTI LIVELLI DI DENSITA’ DELL’ETERE

Ginzburg asserisce che un oggetto diviene ‘campo puro’ quando la sua velocità si avvicina a quella della luce. In ogni caso, risulta piuttosto evidente che ci sono differenti livelli vibratori dell’etere, e perciò possiamo dedurre che quando un oggetto viene accelerato verso la velocità della luce, sia per mezzo di moto lineare, che per vibrazione interna o per azione energetica correlata, l’energia mancante e la massa vengono semplicemente spostate in un livello vibratorio di etere più elevato. In questo libro ci riferiremo a questi livelli chiamandoli ‘densità’. Ad esempio, facendo pressione su un pallone per mezzo della sua immersione nell’acqua, è possibile spostarlo gradualmente facendolo passare da ‘aria interna’ ad ‘acqua interna’, la quale è peraltro più densa. Rilasciando la pressione, la più elevata pressione dell’acqua provocherà uno scoppiettìo del pallone che si ritrova di nuovo nell’atmosfera. Si noterà che nulla della forma base del pallone è cambiato. Anche se si tratta di un’analogia piuttosto rudimentale, è senz’altro la migliore per spiegare molte anomalie di cui discuteremo nel libro.

Alcuni scienziati come Mishin, Aspden, Tesla e Keely hanno scoperto, indipendentemente gli uni dagli altri, che l’etere è suddiviso in differenti livelli di densità. Apprendiamo da queste scoperte che le qualità della materia e dell’energia saranno differenti secondo la densità, cosa che comporta un cambiamento nelle leggi-base della fisica per ogni livello di densità raggiunto. Parleremo brevemente delle loro scoperte per inserire le loro argomentazioni nel giusto contesto.

Prima di tutto, il dott. A.M. Miskin di S. Pietroburgo, Russia, ha condotto misurazioni molto approfondite per lunghi periodi di tempo nel suo laboratorio, ed ha dimostrato che l’etere esiste simultaneamente in diversi stati, e che lo stato che si rileverà dipende dal tipo di turbolenza disturbante che si crea. Queste scoperte sono state fatte con misurazioni prese per mezzo di sistemi elettromeccanici auto-oscillanti, simili ad alcuni schizzi di Kozyrev, con in più un celato ‘componente nascosto’, più adatto a rilevare onde di torsione da sistemi biologici che da sistemi inorganici. Con questo tipo di misurazioni, Mishin ha potuto rilevare quanto segue:

-          La ‘temperatura’ dell’etere, ossia la quantità di disturbo vibratorio contenuto in esso;
-          La direzione e la polarizzazione dell’etere;
-          I movimenti fluenti, o ‘flussi’ dell’etere.

Mishin ha numerato le differenti densità dell’etere come segue:

-          Ether-1 che funziona come un corpo solido;
-          Ether-2 che funziona come un denso liquido superfluido;
-          Ether-3 che funziona come un corpo gassoso, connesso con il moto molecolare;
-          Ether-4 che è lo stato osservabile a livello di energia del plasma stellare;
-          Ether-5 che corrisponde ai processi galattici.

Come possiamo vedere, ogni livello di etere scoperto da Mishin possiede un differente livello di densità rispetto agli altri, più chiaramente visibile nei primi tre, che sono ovviamente in ordine decrescente di densità. Dobbiamo ricordare che Mishin non è l’unico scienziato ad avere scoperto le diverse densità dell’etere. Fin dagli anni ’50, il dott. Harold Aspden ha documentato scoperte simili, e in questo caso queste scoperte sono state confermate da equazioni estensive. Per di più, tutte le argomentazioni principali del lavoro di Aspden hanno successivamente superato processi di revisione accademica e sono quindi stati pubblicati in prestigiose riviste scientifiche; di questo materiale daremo conto negli ultimi capitoli. Ancora, il fisico del XIX secolo John Keely aveva già classificato sette differenti densità di etere, probabilmente per mezzo di una scoperta simile a quella del dott. Mishin.

Tutte queste ricerche ci permettono di introdurre il concetto che questi differenti livelli di densità di energia eterica corrispondono a differenti ‘dimensioni’ o piani di esistenza. Molti insegnamenti di antiche scuole misteriche sembrano accordarsi sul fatto che esista un Ottava di sette maggiori densità che corrisponde ai sette colori dell’arcobaleno e alle sette note della scala diatonica; di ciò si è parlato nei nostri volumi precedenti. Una soluzione ai bizzarri problemi matematici delle ‘dimensioni superiori’ così splendida ed elegante è esattamente ciò che aspettiamo di incontrare in un Cosmo Divino. Le più pure e armoniche vibrazioni della luce visibile e del suono udibile sono entrambe convenientemente organizzate in un sistema di Ottave, e appare chiaro che le vibrazioni dell’etere non possano essere diverse.

Anche se continueremo a presentare nuove informazioni nel corso del libro, è chiaro che l’effetto combinato dei modelli di Mishin e di Aspden, relativo ad un etere ‘multilivello’ rappresenterà un punto di riferimento importante. Mishin ci fornisce la diretta evidenza dell’osservazione che tali livelli esistano, mentre Aspden ci dà un completo sistema matematico che spiega come e perché tali livelli esistano. Non è mai esistita una teoria dei quanti in grado di spiegare i misteriosi e documentati effetti relativi agli oggetti che appaiono, scompaiono e/o riappaiono intorno a noi. Questi effetti includono anche le anomalie del Triangolo delle Bermuda e altri simili vortici, e ugualmente fenomeni scientificamente documentati di telecinesi, come quelli recentemente emersi in Cina nel libro di Paul Dong China’s Super Psychics, che sarà discusso più avanti. Il materiale in questo libro mette in evidenza una teoria che esplicita questi requisiti. Ancora più importante il fatto che stabiliremo che queste differenti densità eteriche devono per forza corrispondere a differenti livelli di intelligenza e di conoscenza. Per ora, continuiamo ad esplorare le basi.

2.4 - GINZBURG E LA ‘DYNOSFERA’

Il dott. Ginzburg suggerisce anche che queste nuove equazioni della relatività rivelano l’esistenza di onde spiraliformi di energia, e un ‘campo a spirale’ che si muove in un etere fluido e simil-sferico che egli definisce “dynosfera”:

La dinosfera è un assemblaggio delle bolle di campo che occupano l’intero spazio nell’universo.

Ovviamente, la teoria di Ginzburg è in esatta armonia con le scoperte di Kozyrev. In definitiva, l’etere deve essere visualizzato, al livello più sottile, come un’essenza composta da bolle sferiche di energia etericache esistono nell’intero Universo. Le onde di torsione si muovono attraverso questo etere provocando ‘bolle di campo’ che si incontrano le une con le altre. Nessuna bolla di muove in realtà molto lontano rispetto alla sua posizione, come accade ad un gruppo di oggetti galleggianti che rimangono essenzialmente nella loro posizione quando le onde attraversano l’acqua. Ogni volta che un impulso di quantità di moto raggiunge una bolla di campo, la bolla successivamente va a collidere nei paraggi, trasferendo il moto. L’impulso continuerà ad essere trasferito attorno anche se tutte le bolle vanno a posizionarsi nelle stesso modo in cui si trovavano all’inizio.

Il nuovo modello di Ginzburg ci porta a considerare l’idea che gli atomi e le molecole sono semplicemente formazioni di vortici, come gli anelli di fumo o i mulinelli, i quali vanno a formare all’interno di questo etere fluido ciò che egli chiama dynosfera. Anche se Ginzburg e molti altri hanno fornito molte evidenti prove dei loro asserti, la maggior parte degli scienziati ufficiali continuano ad ignorare questi concetti. In tal modo, essi restano fermi all’interno di confortevoli edifici di pensiero basati sul concetto che gli atomi sono costituiti da particelle. Invece, dimostreremo ora che il modello a particella non è nulla di più che una credenza messa su da una serie di supposizioni.

2.5 - SUPPOSIZIONI DELLA FISICA QUANTICA

Niels Bohr per primo portò avanti il modello dell’atomo detto ‘magnetron’, basato sulle particelle che orbitano le une con le altre come un piccolo sistema solare. Molti non sanno che questo modello non può essere vero ed è in realtà fuorviante, poiché una quantità di esperimenti conferma che le cosiddette ‘particelle’ si comportano come se fossero onde. Questo porta a problemi che possono indurre in confusione, come il paradosso del Gatto di Schroedinger e il Principio di Indeterminazione di Heisenberg, entrambi i quali cercano di dirci che gli atomi non sono in realtà ‘reali’ ma sono solo ‘probabilità’ a livello quantico. Avere qualcosa che non è ‘reale’ come fondamento di una scienza della materia sembra assurdo. Dobbiamo qui ricordare che la maggior parte delle nostre conclusioni sul regno dei quanti sono solo supposizioni, messe su soltanto attraverso due fonti indirette:

1.     analisi spettroscopica
2.     analisi della traccia di vapore

Il primo punto della lista è più semplice di quanto si possa immaginare. Un particolare elemento (gruppo di atomi) viene collocato in un piccolo contenitore trasparente finché non raggiunge uno stato mutevole di energia, cosa che provoca il rilascio di luce (fotoni). Quindi, una speciale forma di luce viene irradiata nell’elemento, che esercita pressione sui fotoni rilasciati, cosicché essi passano attraverso un prisma(lens) o una grata (slot) che li fa rifrangere in uno spettro dei colori dell’arcobaleno. Lo spettro viene quindi registrato ed analizzato, e a causa della qualità unica della radiazione luminosa proiettata attraverso l’elemento mutevole (chiamata appropriatamente radiazione del ‘corpo scuro’), la ripresa filmerà solo una piccola serie di linee colorate verticali. Queste linee sono formate da un numero incalcolabile di fotoni rilasciati dall’elemento chimico, a determinate esatte frequenze di colore. Così sappiamo tutti per certo che gli atomi sono in grado di rilasciare certe frequenze di colore luminose (i fotoni), che sono state quindi sottoposte ad analisi – nulla più di una supposizione informata.

La seconda categoria di misurazioni quantiche è l’analisi della ‘traccia di vapore’ ‘camera a bolla’. Il mezzo adoperato per rilevare le ‘particelle’ è una tipica camera a vetro riempita con gas altamente pressurizzato, come vapore acqueo. La pressione è così elevata che non possono essere inserite all’interno altre molecole, e quando una ‘particella’ satura viaggia attraverso il medium, crea visibili disturbi. Ecco la spiegazione del dott. Milo Wolff sull’argomento:

Il secondo tipo di misurazione riguarda l’indirizzamento di singole particelle sature entro un medium che registrerà il percorso della particella astraendo parte delle sua energia allo scopo di creare una sorta di reazione visibile nel medium. Un film fotografico e l’aria saturata di vapore o ancora dei liquidi costituiscono i media comuni. Negli ultimi due casi il passaggio della particella [attraverso il medium] provoca una sottile nebbia formata da particelle o bolle; perciò il metodo è definito ‘camera a nube’ o ‘a bolla’. Se è presente un campo magnetico, il percorso della particella è curvato [in una spirale] e la misurazione del percorso permette il calcolo di massa, velocità ed energia.

Come indica Wolff, la gran parte delle nostre credenze sulle particelle proviene da questi due tipi di misurazione e dalle supposizioni inferite da ciò. Un caso addizionale di ‘prova’ concerne l’idea che gli atomi possiedono un nucleo di particelle. Tale assunto deriva dall’esperimento di Rutherford in cui egli aveva bombardato una sottile lastra d’oro con protoni ad alta energia, e misurato quanti di essi riuscivano ad oltrepassare la lastra. Un numero molto esiguo benché misurabile di protoni non riuscivano a farlo, perciò Rutherford concluse che quei protoni venivano rimandati indietro da un sottile ‘nucleo’ nel centro dell’atomo e che il resto dell’area era formato da un ampio ‘spazio vuoto’.

Così, abbiamo l’esperimento di Rutherford, l’analisi spettroscopica e della camera a bolla come fondazione a partire da cui la maggior parte delle supposizioni sulla fisica quantica prendono forma. Nessun atomo è stato mai lontanamente osservato visualmente fino al 1985, anno in cui i Laboratori di ricerca Almaden della IBM sono riusciti per primi ad usare un microscopio a tunnel per elettroni allo scopo di fotografare realmente l’organizzazione delle molecole di germanium in una macchia d’inchiostro. Ciò che possiamo osservare di questo esperimento in Figura 2.1. sono degli oggetti indistinti e sfuocati di forma sferica che sembrano possedere alcune qualità geometriche non-sferiche nella loro forma e che si trovano in un modello organizzativo estremamente geometrizzato, cosa che ha costituito una certa sorpresa per la scienza convenzionale. L’immagine è stata colorata artificialmente in arancione e verde per permettere all’occhio di discriminare fra i due tipi di atomi riscontrabili in essa:

http://www.stazioneceleste.it/immagini/wilcock_immag/wilcock_TDC_2_001.jpg
Figura 2.1. Fotografia reale di atomi di germanium in una macchia di inchiostro

Ancora, quando i fisici quantici hanno studiato gli ‘elettroni’ dell’atomo, hanno osservato che essi non sono in realtà dei ‘punti’, ma piuttosto delle forme lisce, una sorta di ‘nube’ a forma di lacrima in cui il punto più stretto della ‘goccia’ converge in un punto molto piccolo verso il centro (Figura 2.2.). Per rendere maggiormente l’idea, ripresentiamo estratti dal libro del dott. Wolff (grassetto e corsivo nostri):

p. 122 – Non esistono orbite dell’elettrone! Chiunque possieda la nozione di elettroni che orbitano attorno al nucleo commette un terribile errore! Se possedete una simile idea, scartatela immediatamente. Al contrario, tutti i calcoli e tutti gli esperimenti dimostrano che non esiste nessun moto orbitale tipo satellite in un normale atomo. Invece, esistono strutture di onde a riposo.Per esempio, nel caso N = 1 nella Figura 9-1 [in questi diagrammi, M = 0 e L = 0], vediamo che la struttura di onde a riposo è del tutto sferica. Il centro della struttura dell’elettrone è anche il centro della struttura del protone. Questa è la situazione normale degli atomi H nell’universo; essi possiedono una simmetria sferica, non delle orbite.

http://www.stazioneceleste.it/immagini/wilcock_immag/wilcock_TDC_2_002.jpg     http://www.stazioneceleste.it/immagini/wilcock_immag/wilcock_TDC_2_003.jpg
 Figura 2.2. Nubi di elettroni vista dall’alto verso il basso (L) e da dietro (R)
 [per gentile concessione di Wolff, 1990]

p. 133 –
1. tutti gli esperimenti atti a dimostrare che l’elettrone possiede una struttura centrale sono risultati negativi.
2. non esiste nessuna teoria quantica che possa prefigurare una dimensione per l’elettrone, né una massa, né una polarità. Inoltre, nessuna teoria è in grado di quantificare la particella in maniera significativa. Tutto ciò implica che la teoria dei quanti non necessita del concetto di particella poiché tutti i calcoli risultano gli stessi sia se si crede nelle particelle sia se non si crede.
3. la sostanzialità della ‘massa’ è dubbia perché essa può essere sempre convertita in energia elettromagnetica, che non manifesta proprietà di particelle.

Come suggerisce il dott. Wolff, le forme dell’elettrone a lacrima osservate sono esattamente ciò che ci aspetteremmo studiando un’’onda vibratoria a riposo’. Ricordiamo che la nube dell’elettrone dell’atomo di idrogeno deve possedere una forma sferica. Ciò costituisce anche un indizio diretto che gli atomi sono formazioni a vortice, visto che l’atomo di idrogeno è considerato la ‘pietra di paragone’ di tutti gli altri elementi, con un ‘protone’ ipotetico nel nucleo e un ‘elettrone’ ipotetico in realtà rappresentato da una nube sferica.

2.6 - NEGATIVO E POSITIVO: SEMPLICI DIFFERENZE NELLA PRESSIONE

Come ogni scienziato sa, le nubi di elettroni possiedono carica negativa mentre i ‘protoni’ nella molto più piccola area del nucleo ne possiedono una positiva. Ciò è noto come ‘la polarità della carica’, dato che ci sono due cariche che vengono polarizzate, una opposta all’altra. Scoprire che cosa ciò significhi è stato sempre un profondo mistero, così come possa esistere un ‘flusso’ nella carica. Il problema ha fatto scervellare molti scienziati, e il dott. Aspden lo ammette nei seguenti termini:

Ammetto di non riuscire a risolvere il rebus della polarità della carica. Esso giace su un territorio inesplorato e, a parte alcune escursioni in quel territorio, lo vedo come qualcosa che non si trova sulle mappe…ed è anche una sfida e probabilmente la frontiera finale delle nostre conquiste nel campo della fisica. Mi sorprende che un simile argomento non sia mai stato menzionato dagli studiosi come meritevole di una ricerca. Pare che sia più facile esplorare ciò che accadde nei primi momenti dopo il Big Bang che dare uno sguardo a ciò che accade vicino a noi e tutto intorno a noi, qui ed ora sulla Terra. [corsivo nostro]

Nel nuovo modello del dott. Crane e altri, queste cariche opposte, o polarità di carica di positivo e negativo sono in realtà nulla più che differenze nella pressione eterica. Le nubi di elettroni negativi possiedono una maggior pressione, mentre il nucleo positivo ne possiede una minore. Detto in parole povere, le cariche negative nell’elettrone scorrono nell’area positivamente caricata al centro dell’atomo.

Ciò suggerisce che sia possibile unificare maggiormente l’elettromagnetismo e la gravità, poiché sia la gravità che la polarità della carica rappresentano la pressione orientata verso l’interno dell’energia eterica, che si dirige al centro del campo sferico o dell’oggetto. (La scienza esoterica potrebbe affermare che queste siano entrambe forme della lotta della materia e dell’energia per diventare nuovamente Uno). L’unica vera differenza, quindi, fra gravità e carica elettrica risiede nell’intensità effettiva della pressione eterica misurata, e nel grado di simmetria in cui il flusso di energia si manifesta lungo la superficie della sfera. Perché diciamo che la simmetria è così importante? Detto semplicemente, le forze gravitazionali sulla Terra sono assai costanti da un luogo all’altro, mentre negli atomi ci sono aree fra le nubi di elettroni nelle quali non si riscontra un flusso di energia diretto verso il centro. Spiegheremo il perché di queste aree soggette a partizione più avanti.

Ora, con il concetto del dott. Crane di ‘pressione eterica’ relativa alla carica, il mistero della polarità della carica è chiarito. A questo concetto è dato un supporto fattuale incontrovertibile da ciò che è noto come effetto Biefeld-Brown, proposto per primo dal dott. Paul Biefeld. Allievo di Albert Einstein a Zurigo, Biefeld ha proposto un concetto eterico della carica come flusso di etere, in cui la carica negativa è da considerare un’area di alta pressione in un mare di energia eterica, che tende poi a confluire in aree a bassa pressione di ciò che chiamiamo carica positiva nello stesso mare. Se questo modello dovesse essere vero, propone Biefeld, allora con un livello di intensità elettromagnetica sufficientemente elevato, dovrebbe essere possibile creare una forza propulsiva anti-gravitazionale.

Il primo a verificare le teorie di Biefeld è stato il dott. Townsend T. Brown nel 1923. Il suo esperimento riguarda un ‘condensatore a piastra’, ossia una semplice piastra elettrica positiva (a forma di disco) ed una negativa in mezzo alle quali viene applicato in alto un materiale non-conduttivo o dielettrico. Così, questo condensatore a piastra viene caricato con un certo quantitativo di elettricità e sospeso ad un cavo solido il quale fa sì che il condensatore stesso possa ruotare orizzontalmente qualora mosso. Dopo aver caricato elettricamente questo oggetto, esso si muoverà indipendentemente verso il disco positivo del condensatore, sostenendo una costante spinta e provocando la formazione nell’intero assemblato condensatore/filo di rotazioni circolari su sé stesso. Quindi, il dott. Crane così prosegue:

Quando il condensatore veniva fissato verticalmente ad una scala graduata di una bilancia, si poteva rilevare un aumento di peso se il polo positivo (bassa pressione) veniva messo in rilievo. In modo corrispondente, se si metteva in evidenza il polo negativo, si verificava una perdita di peso. L’intensità dell’effetto era determinata dalle dimensioni delle aree polari delle piastre, dal livello di voltaggio e calla capacità di polarizzazione del dielettrico [grassetto e corsivo nostri].

L’ultima affermazione sulla ‘capacità di polarizzazione del dielettrico’ può indurre in confusione. Come abbiamo detto, un dielettrico è una sostanza non-conduttrice, che in questo esperimento viene applicata fra i due opposti rappresentati dalle piastre polarizzate. La ‘capacità di polarizzazione’ si riferisce alla capacità del dielettrico di mantenere le cariche fra le due piastre separate o polarizzate.

In tal modo, ciò che possiamo osservare è una scoperta profonda per capire la struttura e la funzione dell’universo. Dopo aver stabilito un flusso tra polo positivo e negativo, viene creato un vero e proprio fiume di energia nell’etere circostante, e questo fiume verrà a forza attratto verso il positivo. Un simile effetto è sufficientemente forte da controbilanciare la gravitàMolte fonti rispettabili concordano sul fatto che Brown abbia escogitato un mezzo per creare un’ unità completa in sé stessa in grado di sconfiggere la gravità e di diffondersi autonomamente nell’aria, e su questo lavoro sono stati in seguito effettuati degli studi, fino ad arrivare al 10 maggio 2001, in cui Wilcock nel Disclosure Project Executive Summary Briefing [incontro conclusivo sul progetto esecutivo di divulgazione] è intervenuto con il supporto di altri partecipanti. In questo congresso molti testimoni possono certificare che tutta questa vasta mole di informazioni misteriose è stata invece utilizzata con successo nella tecnologia della propulsione. Il sistema di anelli concentrici magnetici e cilindri magnetici rotanti, ideato dal prof. John R. Searl e discusso nel nostro precedente volume, è un altro sistema anti-gravitazionale funzionante, ed è stato replicato con successo nonché pubblicato in Russia da Roschin e Godin.

Con molta prudenza si sta cominciando a sottoporre all’opinione pubblica il fatto che l’effetto Bieler-Brown possa essere adoperato per la propulsione. Jeff Cameron della Transdimensional Technologies ha filmato due versioni del suo congegno ‘T3’ in azione, ossia una struttura metallica triangolare con fili applicati ad ogni angolo. Su una base circolare non-conduttrice, la struttura triangolare viene vista levitare e navigare lievemente nell’aria dopo che la corrente elettrica è invertita. Si ascolta anche un chiaro e soddisfacente “SNAP” [colpo secco] quando viene tolta la corrente e il congegno improvvisamente ricade sulla superficie. Non sorprende il fatto che nel Febbraio 2002 l’intero contenuto del sito web correlato è stato rimosso ad eccezione della pagina del titolo, con una vaga promessa di “star effettuando controlli”. Per fortuna nel marzo dello stesso anno Jim Ventura è stato in grado di replicare indipendentemente lo stesso identico esperimento, basandosi sulle ricerche di Jean-Louis Naudin, per cui ora esistono sul sito Art Bell tre filmati diversi disponibili per pubblica visione. E’ interessante notare che l’oggetto ruota costantemente intorno ai fili nei primi due filmati, suggerendo il fatto che la pressione spiraliforme delle onde di torsione (ossia l’energia gravispin) sia in azione.

Nell’atomo, la sorgente negativa di alta pressione preme verso il ricettacolo positivo di bassa pressione, e questo è il motivo per cui gli elettroni orbitano attorno al nucleo. Tutto ciò ci porta alla conclusione che gli atomi e lo ‘spazio vuoto’ dell’etere che li circonda sono entrambi costituiti dallo stesso materiale energetico tipo-fluido; l’unica differenza risiede nel fatto che in un atomo l’etere ha iniziato a turbinare in un vortice centrale a bassa pressione, viaggiando attraverso gli elettroni. Non sorprende che un informatore proveniente dal Disclosure Project abbia rivelato che le astronavi ARV (Alien Reproduction Vehicles) costruiti dall’uomo sono noti agli addetti ai lavori come “flusso-linee”. Si tratta di un evidente gioco di parole con il termine “aereo-linee”, che dimostra la conoscenza del fatto che tali veicoli si spostano attraverso il flusso di energia anziché l’aria.

2.7 - SIMMETRIA SFERICA E UN ASSE CENTRALE

Per il nostro prossimo punto chiave ci riferiremo alla natura dell’atomo, e potremo osservare che gli esperimenti sulle ‘particelle’ della fisica quantica hanno mostrato che esiste una tendenza verso una struttura sferica di tali campi di energia. In ogni caso, queste strutture sferiche devono anche essere viste come rotazioni. Sono state adoperate varie tecniche per realizzare questa scoperta, come la misurazione delle qualità di particelle identiche rilasciate da un emittente ad angoli successivamente differenti prima di scontrarle con un detector. La validità della scoperta della rotazione non fa parte del dibattito nel mondo scientifico ufficiale. Come afferma il dott. Wolff nel capitolo 10 del libro Particles and Elettricity,

p. 147 – C’è un dilemma sul carattere rotatorio dello spin, ed è il seguente: le particelle sono simmetricamente sferiche in riferimento alla loro polarità, massa e comportamento. Nonostante ciò, da una visuale umana dello spin con relativa necessità di un asse per la rotazione, proprio questo asse distrugge la simmetria sferica! Come può essere? C’è o non c’è simmetria? Una possibile via di fuga da questo dilemma potrebbe essere questa: qualunque spin venga trasferito in un’interazione (cioè misurato), il suo asse si trova sempre lungo la linea di moto delle particelle. [grassetto nostro]

Così, quando le ‘particelle’ si muovono nell’etere, il loro asse centrale di spin è allineato alla direzione del loro moto. Ciò dà loro la stessa identica qualità di “vortice” di movimento come possiamo osservare in un anello di fumo: questa formazione viene creata automaticamente da un movimento a linea retta attraverso un medium fluido.

Il nostro prossimo interrogativo consiste nel vedere a che cosa assomigli questo vortice sferico. Inizieremo a visualizzare che cosa avviene quando si prende un fluido singolo e lo si fa rotare attorno ad un’area centrale. Dopo che il fluido inizia la rotazione, forma un vortice lungo il suo asse rotazionale. Ciò può essere dimostrato molto facilmente riempiendo un recipiente di acqua e quindi mescolandola con le mani fino ad ottenere un largo cerchio nel liquido. Formeremo ben presto un vortice al centro del cerchio.

Ora, è necessario immaginare che lo stesso fluido stia rotando in un’area sferica, in tal caso all’esterno dell’atomo. Ciò che scopriremo è che si formerà di nuovo un vortice lungo l’asse di rotazione, fra i poli nord e sud della sfera. Su un polo della sfera l’acqua fluirà all’interno, con il vortice che diventa progressivamente più ristretto man mano che si avvicina al centro, e quindi il continuo moto dell’acqua farà sì che essa fluirà all’esterno al polo opposto, quando il vortice diventa progressivamente più largo man mano che si avvicina al bordo esterno. L’acqua deve scorrere internamente in una direzione ed esternamente nell’altra, dal momento che non ha altri posti in cui andare. Questa è una proprietà base delle formazioni “toroidi” e può essere osservata negli avvolgimenti a spirale degli anelli di fumo.

Ovviamente, un’immagine è meritevole di migliaia di parole di commento, e la Figura 5.6. tratta da Charles Cagle mostra la struttura del toroide sferico al livello quantico, ciò che egli definisce «elettromagnetotoroide»:

http://www.stazioneceleste.it/immagini/wilcock_immag/wilcock_TDC_2_004.jpg
Figura 2.3. - «Elettromagnetotoroide», che mostra la formazione di toroidi sferici al livello quantico.

Continuando le indagini sul fenomeno dello spin, scopriremo che anche altri scienziati hanno adottato la forma di toroide sferico per il regno quantico. Le teorie del dott. Harold Aspden a riguardo sono forse le più complete e ben strutturate matematicamente, e sono state pubblicate in alcune fra le più importanti riviste scientifiche. Il dott. Aspden illustra anche il concetto che gli atomi sono in realtà formazioni sferiche di forma toroidale, anche se non usa il termine «torus»:

Inserisco qui il commento che la mia ricerca su questo soggetto mette in evidenza che l’etere è in grado di mostrare un moto rotazionale, e un moto angolare, in quanto una qualche sfera avente una densità di massa può ruotare senza un asse centrale e non disturba l’etere che la circonda. In tali prospettive possiamo continuare a ritenere possibile l’esistenza dell’etere e non permetteremo alle nostre menti di essere usurpate dalle dottrine di Einstein [corsivo e grassetto nostri].

2.8 - ALCUNE SPECIFICHE ANOMALIE DEVONO ESSERE SPIEGATE

Il nostro lavoro sarebbe relativamente semplice se tutto ciò che c’era da fare era considerare gli atomi sferici con un asse centrale, formanti in tal modo vortici in un etere fluido. In ogni modo, esistono anomalie geometriche specifiche che riportano alle osservazioni sui quanti e generano la necessità di una spiegazione per completare l’analisi di questo modello. Ecco due basilari problemi relativi ai quanti che necessitano di essere relazionati al modello in esame per essere compresi appieno:

1. prima di tutto, è necessario spiegare perché le ‘nubi di elettroni’ si dispongano nell’atomo con spazi vuoti attorno, la qual cosa è opposta alle semplici formazioni sferiche.
2. quindi dobbiamo cercare di capire come e perché queste formazioni di energia sferico-toroidali si addensino in strutture di cristalli, come il cloruro di sodio o sale, formando un cubo. Una delle proprietà più interessanti di un simile cristallo è quella di frazionarsi naturalmente in versioni in miniatura di sé stesso, nelle quali viene preservata la stessa relazione angolare fra le sfaccettature.

Entrambe le questioni possono essere risolte nel momento in cui si inizia a capire l’importanza di ciò che sono definiti ‘I Solidi Platonici’, un gruppo di cinque diverse figure geometriche che rivestono grande importanza nell’antica scienza sacra, e sono state presentate nei nostri precedenti libri. In breve, le forme geometriche dei solidi platonici appaiono naturalmente in un vortice sferico di fluido vibrante o pulsante. Nel prossimo capitolo approfondiremo l’importanza della conoscenza dei solidi platonici, sia presso gli antichi che presso i moderni, scoprendo il peso di una sorprendente e inattesa evidenza fisica della correttezza di questa teoria. Quindi, nel quarto capitolo parleremo dei dati teoretici di Rod Johnson che completano la nostra esposizione del regno quantico.

RIFERIMENTI:

1. Aspden, Harold. Energy Science Tutorial #5. 1997. URL: http://www.energyscience.co.uk/tu/tu05.htm
2. Cagle, Charles. Electromagnetotoroid model. 1999. URL: http://www.singtech.com/
3. Cameron, Jeff. Transdimensional Technologies. 2001. URL: http://www.tdimension.com/
4. Crane, Oliver et al. Central Oscillator and Space-Time Quanta Medium. Universal Expert Publishers, June 2000, English Edition. ISBN 3-9521259-2-X
5. Mishin, A.M. (Levels of aetheric density) URL: http://alexfrolov.narod.ru/chernetsky.htm
6. Mishin, A.M. The Ether Model as Result of the New Empirical Conception. International Academy of MegaSciences, St. Petersburg, Russia URL: http://alexfrolov.narod.ru/mi-paper.htm
7. Wolff, Milo. Exploring the Physics of the Unknown Universe. Technotran Press, Manhattan Beach, CA, 1990. ISBN 0-9627787-0-2. URL: http://members.tripod.com/mwolff








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