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questa super scoperta:
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Ma per non essere troppo auto-referenziali vedremo cosa dice un pò di letteratura e altri autori che ci tengono compagnia in queste spiegazioni.
In un documento recente del
fisico di punta Leonard Susskind, direttore dello Stanford Institute for
Theoretical Physics, si affronta un nodo fondamentale della interpretazione di
Copenhagen della meccanica quantistica.
Lo studio inizia identificando
una delle principali debolezze di tale interpretazione, ovvero la richiesta di
un singolo osservatore esterno che non sia parte del sistema analizzato.
Questo requisito ha portato molta
confusione ed inconsistenze logiche nel cercare di comprendere la relazione tra
molteplicità di osservatori e sistema osservato.
Ovviamente, la situazione è
insostenibile, dato che l’universo è pieno di sottosistemi che possono fare da
osservatori e non esiste isolamento di uno di essi, tale da permettere
“misurazioni” indipendenti.
In
un documento intitolato The Unified Spacememory Network, il fisico Nassim Haramein, il
biofisico William Brown e l’astrofisico Amira Val Baker, discutono la
molteplicità degli osservatori o “sottosistemi”, per preparare le basi di un
modello ontologico della fisica della coscienza, esponendo alcune inconsistenze
logiche della meccanica quantistica di Copenhagen. Nell’articolo The
Unified Spacememory Network: from Cosmogenesis to Consciousness (Journal of
NeuroQuantology, 2016), Haramein, Brown e Val Baker affermano:
“Una indagine della natura della
coscienza, da quanto risulta, è legata strettamente all’esplorazione della
natura della realtà. Questo è esemplificato nel secolare adagio “se un albero
cade nella foresta e nessuno è lì per ascoltare, produce un suono?”.
A quale livello la realtà
oggettiva dipende dall’osservatore? Chiaramente, molti di noi risponderebbero
che produce in effetti un suono, dato che il suono nasce dalla vibrazione delle
molecole dell’aria.
Questa domanda è comunque
nuovamenta affiorata nella forma del gatto di Schrödinger, in parte per
dimostrare la natura non fisica del modello Heisengberg-Bohr della teoria
quantistica, detto anche interpretazione di Copenhagen, il modello oggi
predominante.
Tali interpretazioni sono
tentativi di descrivere i meccanismi fisici del famoso esperimento della doppia
fenditura, che alcuni fisici consideravano privi di spiegazione classica.
Tuttavia recenti studi sperimentali hanno trovato una soluzione diversa basata
sulla dinamica dei fluidi nei sistemi classici.
L’interpretazione di Copenhagen
ha spinto a pensare che osservatore e osservato possano essere isolati dal
sistema in cui si trovano e che la loro relazione definisca la riduzione
dell’ampiezza di probabilità (collasso della funzione d’onda) in un evento
definito. In tale modello, la funzione d’onda che descrive la sovrapposizione
di autovalori si tradurrebbe in ampiezza di probabilità e una particella non
esiste fisicamente finchè non viene osservata in qualche modo.
Il concetto che un osservatore
genera la realtà in cui avvengono gli eventi, tale emissione sonora di un
albero caduto, assume l’isolamento del quadro di riferimento relativo
all’evento. Ovvero, tutte le interazioni nel sistema, come ad esempio delle
molecole d’aria, degli uccelli negli albero vicini, della vita microbica
attorno e tante altre, possono essere considerate sistemi di riferimento
(“osservatori”), che vivono l’evento da diverse prospettive. Esiste un
meccanismo in cui la relazione dei sistemi di riferimento genera un
comportamento collettivo che infine evolve in uno stato di auto-consapevolezza?
Di recente Susskind ha esaminato
l’interpretazione di Copenhagen e afferma:
“L’interpretazione di Copenhagen
ovviamente non può essere l’ultima parola. L’universo è pieno di sottosistemi e
ognuno di essi può giocare il ruolo di osservatore. Non c’è posto nelle leggi
della meccanica quantistica per il collasso della funzione d’onda, l’unica cosa
che avviene è che la funzione d’onda generale evolve unitariamente e diviene
sempre più intrecciata (entangled).
L’universo è una rete
immensamente complicata di sottosistemi in stato entangled e solo in piccola
approssimazione possiamo definire un particolare sottosistema, come
OSSERVATORE.
Questi recenti avanzamenti, che
vengono da Susskind, Haramein e altri fisici prominenti, possono essere visti
come un ritorno al realismo, perchè se non è possibile un vero isolamento di un
sistema dalla miriade di sottosistemi che possono fare da osservatori, allora
l’Interpretazione di Copenhagen per cui le particelle non esistono fino alla
loro misurazione, diviene obsoleta. Una particella è sempre, ad un livello o
l’altro, intrecciata con un altro sistema.
Questa costante interazione
significa che la “misurazione” o osservazione, avviene costantemente, quindi
non c’è un momento in cui la particella esiste solo come sovrapposizione
astratta, una funzione d’onda puramente matematica senza precisa posizione o
momento.
Nei
documenti Quantum Gravity and the Holographic Mass e il più recente The Electron and the Holographic Mass Solution, la sfida
secolare per descrivere le soluzioni alla fisica unificata, trova una risposta.
Nella sua semplice essenza, la soluzione viene dalla struttura quantistica e la
geometria multi-connessa dello spaziotempo, dove le fluttuazioni energetiche
discrete nelle dimensioni più piccole, curvano lo spaziotempo fino a quando la
gravità quantistica le riunisce in piccoli buchi neri, che sono le
particelle elementari della materia.
Eseguendo i calcoli sfruttando il
rapporto olografico degli oscillatori energetici dello spaziotempo, si hanno
come risultato dei parametri fondamentali, la prima volta in cui i
caratteri elementari della fisica vengono derivati da principi primari. Massa,
carica, spin, forza elettromagnetica e di confinamento, sono tutte
manifestazioni della rete di wormhole nella scala di Planck e del rapporto
olografico nello spaziotempo curvo, quindi l’universo che parla con sè stesso.
Questi fattori non sono aggiunti
ai calcoli in modo arbitrario, senza spiegare quale sia la fonte e non sono
necessari campi indipendenti come quello elettromagnetico, il campo di Higgs e
di colore della QCD, tutti questi domini vengono unificati come geometria
multi-connessa dello spazio tempo o “gravità quantistica”.
Da questo vediamo come la
geometria quantistica dello spaziotempo olografico sia sottostante a molte
delle meccaniche e proprietà della fisica delle particelle. La scena utile ad
affrontare alcuni degli aspetti più confusi della teoria quantistica, come
entanglement, sovrapposizione e altre caratteristiche non-locali, è stata
preparata.
Nel documento Unified Spacememory
Network, Haramein e il suo gruppo di ricerca, hanno descritto la geometria
estesa degli oscillatori del vuoto nella scala di Planck e mostra come siano in
effetti dei micro-wormholes.
Questa rete di micro-wormholes
forma delle reti di entanglement in tutti i riferimenti di spazio e tempo,
legando essenzialmente assieme lo spaziotempo. In questo approccio, le
particelle risultano essere formate da configurazioni discrete nella scala di
Planck, collegate dalla rete di micro-wormholes che permette di scambiare
informazione lungo tutte le scale dimensionali.
Questa comprensione rivelatrice
della natura intrecciata dello spaziotempo e delle particelle, è quindi stata
applicata per capire la fonte di grande coerenza che permette l’esistenza di
sistemi auto-organizzanti e che li guida in una evoluzione di complessità e
sinergia. Dobbiamo anche notare che nonostante sembrino concetti stravaganti,
la matematica risultante predice con grande precisione masse e forze
fondamentali delle particelle.
Altri
ricercatori stanno convergendo alle stesse conclusioni. In un documento del
2013, Susskind e Juan Maldacena (leggete Firewalls or Cool Horizons) spiegano tutto questo con la
semplice “equazione” ER=EPR, dove ER sta per ponti di Einstein-Rosen (wormholes
o ERBs) ed EPR sta per correlazioni Einstein-Rosen-Podolsky (sistemi
quantistici che soddisfano la diseguaglianza di Bell (non-località)).
Essenzialmente spiegano che dove troviamo entanglemente quantistico tra due
particelle, troviamo anche un wormhole che le connette.
Molti hanno dato a
questa idea il significato che la geometria dello spaziotempo sia il risultato
dell’entanglement quantistico, ma Susskind è andato oltre e asserisce che
l’entanglement potrebbe essere il risultato della geometria dello spaziotempo,
nel senso che dove ci sono wormholes, c’è l’entanglement (una idea controversa
per molti fisici).
In un documento più recente,
Susskind espone altro sulla natura e le conseguenze dell’entanglement nel
vuoto. Viene dimostrato come l’intero universo debba essere trattato come un
singolo sistema entangled, una descrizione già presente nella Formulazione di
Everett dello Stato-Relativo della meccanica quantistica, dove non c’è il
collasso della funzione d’onda, una caratteristica primaria
nell’interpretazione di Copenhagen.
Questo dona alle particelle della
meccanica quantistica un nuovo realismo, in quanto esistono con una definita
posizione e un definito momento prima di essere misurate, come nella teoria di
de Broglie-Bohm dell’Onda Pilota, che descrive quasi tutti i fenomeni
quantistici bene quanto l’interpretazione di Copenhagen, ma con una visione più
chiara delle cause e degli effetti osservati.
Questo
ha ottenuto particolare successo nella dimostrazione dei
risultati del famoso esperimento della doppia fenditura, in cui un
sistema analogo idrodinamico può dimostrare l’interferenza
delle onde a causa dell’interazione delle “particelle” con la propria onda
pilota in un mezzo fluido.
A supporto dell’importanza della
geometria dello spaziotempo (in aggiunta alle sue proprietà idrodinamiche come
descritte dalla teoria dell’Onda Pilota), Susskind dimostra come i
fenomeni quantistici non-locali possano essere completamente descritti tramite
connessioni attraverso micro-wormholes nella scala di Planck. Inclusi
l’esperimento della doppia fenditura e del teletrasporto quantistico, oltre
all’entanglement.
Un
punto cruciale di tutto questo e riconosciuto dallo stesso Susskind, “è che non
esiste netta separazione tra particelle e buchi neri” (vedere la sessione di
domande e risposte della sua conferenza “ER=EPR,
what’s behind the horizon of black holes?”), anche se le particelle
sono piccole rispetto alle loro controparti astrofisiche.
Esplorando
la struttura geometrica dello spaziotempo con maggior dettaglio, iniziamo a
capire che esistiamo in effetti in un Universo Connesso, una visione sviluppata da Haramein in tre
decenni.
Per approfondire:
- Gravity and Entanglement, professor Mark van Raamsdonk
- Entanglement and the Hooks that Hold Space Together, professor Leonard Susskind
- Copenhagen vs Everett, Teleportation, and ER=EPR, professor Leonard Susskind
- The Hawaii Institute
for Unified Physics; publications Firewalls or Cool Horizons?
Estratto
intervista Riccardo Telesca
Gran
parte della fisica classica non sa rispondere a diverse domande, ma se
spulciamo un pò di testi scopriamo che il concetto di massa nel modello
standard non ha nessuna definizione. Nessun indizio di cosa sia la massa!!!
Da qui la
ricerca del bosone di Higgs e tutta la storia che conoscete bene….
Tuttavia
cosa intendono con bosone di Higgs se non una fluttuazione quantistica del
vuoto……….
La soluzione
di Schwarzschild per le equazioni di
Einstein nel vuoto descrive lo spazio-tempo attorno a una massa
sferica, non rotante, e priva di carica elettrica, le condizioni di un buco
nero. Che è un termine assai improprio per definire una singolarità gravitazionale.
Haramein
ha misurato la massa del protone in relazione alle oscillazioni del vuoto, cioè
il volume del protone quante distanze di Planck contiene? Il valore si attesta
a 10 alla 55 gr/cm3 uguale alla massa dell’universo, mentre la densità del
vuoto è di 10 alla 93 gr/cm3.
Questo
rende evidente che ogni atomo ha massa sufficiente per avere una singolarità
gravitazionale e accomuna il processo universale in un perfetta reiterazione
frattale.
Osservando
l’universo stiamo quindi osservando la suddivisione della singolarità. Quindi
l’unità.
In
pratica ogni protone è entangled tramite la struttura del vuoto e il vuoto è il
punto di uscita dalla torsione dello spazio tempo in ogni punto di singolarità.
Quindi ogni porzione di universo ha una singolarità che è la stessa del dominio
del vuoto.
Estratto
quantum Gravity di Nassim Haramein
Nassim Haramein ha
calcolato una soluzione geometrica per il campo gravitazionale. Nel suo ultimo
articolo “Quantum Gravity and the Holographic Mass” (Gravità quantistica e
massa olografica) egli descrive la gravità in termini algebrici calcolando la
densità dello spazio sia all’interno che all’esterno dell’orizzonte degli
eventi del protone.
Questo apparente “vuoto” di spazio è in realtà un super fluido
infinitamente denso fatto di piccolissime bollicine di energia. Qualche volta
viene chiamata “schiuma quantistica”, ognuna di queste minuscole vibrazioni
rappresenta una forma d’onda sferica, o quanto, che corrisponde al diametro
della più piccola distanza misurabile, la lunghezza di Planck. Haramein
denomina queste piccoli bit sferici di informazione PSU, Unità Sferiche di
Planck. I PSU all’interno dell’orizzonte degli eventi del protone sono impacchettati
perfettamente con una geometria che riempie tutto lo spazio, un Fiore della
Vita strutturato in 3D in cui il centro di ogni sfera è connessa alle altre da
una geometria tetraedrica. I PSU all’interno del volume del protone si
proiettano olograficamente sulla superficie dell’orizzonte degli eventi del
protone formando un modello del Fiore della vita in 2D.
In questa immagine, la prima equazione descrive il rapporto tra la
superficie del protone e i Planck circolari di superficie, mostrando che il
numero dei Planck equatoriali circolari sulla superficie del protone equivale a
10↑40 (10 alla 40 o 1000000000000000000000000000000000000000 diametri circolari
con lunghezza di Planck).
La seconda equazione mostra il numero delle Unità Sferiche di
Planck contenute all’interno del protone, che è 10↑60. Nella terza equazione la
superficie esterna dell’orizzonte viene divisa per il volume interno e quindi
moltiplicata per la massa di Planck, per ottenere la massa del protone. Con un
semplice calcolo di geometria classica, Haramein ottiene la massa del protone
in accordo con il modello standard, come da misurazione esterna in laboratorio:
10↑-24 gm.
Haramein ha quindi calcolato che i Planck circolari di superficie
divisi per quelli interni danno la massa gravitazionale del protone, che è pari
a 10↑14, l’esatta quantità di massa necessaria ad un protone per obbedire alla
condizione di Schwarzschild per un buco nero.
I Protoni Sono Buchi Neri Su Scala Quantistica.
La Gravità È Un Rapporto Tra Volume Ed Area Superficiale..
La Gravità È Un Rapporto Tra Volume Ed Area Superficiale..
L’idea che le particelle possano essere microscopici
buchi neri può sembrare strana, ma persino nel modello canonico della fisica,
particelle elementari come elettroni e quark possiedono una massa pur essendo
di dimensione zero. A causa dell’autoenergia di una particella puntiforme, i
leptoni hanno massa e carica nuda infinita, quindi le fluttuazioni del vuoto
sono necessarie per per schermare questi valori infiniti. Tale particella
puntiforme è una singolarità o i linguaggio più comune, un buco nero. Allora
perchè le particelle elementari non sono viste come micro buchi neri? Una
ragione è che la teoria di campo quantistica tratta le particelle come oggetti
probabilistici estesi, che non esistono se non come stati di sovrapposizione,
quindi non sono davvero particelle puntiformi, dato che non occupano alcun
punto specifico dello spazio. Tuttavia, la stessa teoria stipula che grazie al
collasso della funzione d’onda, una particella tornerà in una posizione
puntiforme e quindi alla singolarità. Persino nella teoria delle stringhe
troviamo paralleli stretti tra le stringhe, il loro comportamento come brane e
le singolarità o buchi neri.
Altro
argomento dice che i micro buchi neri non potrebbero esibire le caratteristiche
osservate delle particelle elementari e mentre questa è un assunto di base, le
indagini reali nella materia hanno mostrato che i micro buchi neri possono
invece esibire molte delle caratteristiche osservate delle particelle
elementari. Nel 1935 Albert Einstein e Nathaniel Rosen affrontano la questione
“particelle come singolarità” nel loro famoso documento “the particle problem in
the general theory of relativity“, Einstein e Rosen volevano una
teoria che eliminasse la singolarità puntiforme e descrivesse le particelle
materiali dalla pura soluzione gravitazionale della relatività generale e dalle
soluzioni di Maxwell per l’elettromagnetismo, una teoria unificata.
A
questo proposito immaginarono un percorso radiale verso la singolarità. Invece
di attraversare l’orizzonte degli eventi per arrivare al centro, Einstein e
Rosen mostrarono come far combaciare il tracciato su altro percorso verso
l’esterno, ma in una sezione separata dello spazio-tempo. Immaginate delle
forme a imbuto generate da due fogli di gomma adiacenti e connessi a livello
del collo, che forniscano un percorso continuo da una superficie all’altra.
Questa struttura crea un collegamento o ponte tra due punti distinti dello
spaziotempo. Venne formato il ponte di Einstein-Rosen.
Quasi 20 anni dopo il grande fisico John Archibald Wheeler riprese lo schema di Einstein e Rosen e formulò il campo della geometrodinamica quantistica. Wheeler descrisse come un campo esterno elettromagnetico estremamente forte possa curvare lo spaziotempo ad un livello tale da ripiegarlo su sè stesso, formando un toroide (come un anello fotonico), che nelle dimensioni quantistiche formerebbe un micro buco nero. Tale oggetto sarebbe indistinguibile da una particella: Wheeler lo definì entità elettromagnetica gravitazionale o Geone. Avrebbe massa e carica anche se queste non sarebbero caratteristica intrinseca del campo prima della formazione del micro buco nero, diverrebbero conseguenza della geometria dello spaziotempo.
Quasi 20 anni dopo il grande fisico John Archibald Wheeler riprese lo schema di Einstein e Rosen e formulò il campo della geometrodinamica quantistica. Wheeler descrisse come un campo esterno elettromagnetico estremamente forte possa curvare lo spaziotempo ad un livello tale da ripiegarlo su sè stesso, formando un toroide (come un anello fotonico), che nelle dimensioni quantistiche formerebbe un micro buco nero. Tale oggetto sarebbe indistinguibile da una particella: Wheeler lo definì entità elettromagnetica gravitazionale o Geone. Avrebbe massa e carica anche se queste non sarebbero caratteristica intrinseca del campo prima della formazione del micro buco nero, diverrebbero conseguenza della geometria dello spaziotempo.
In modo simile al ponte di Einstein-Rosen, Wheeler
descrisse questi geoni come coppie di particelle connesse da un ponte di
spaziotempo o wormhole: il wormhole di Wheeler era nato. Recentemente, in uno
studio sulla geometria dell’entanglement (ERb=EPR), i
calcoli hanno predetto la formazione della coppia di particelle connesse di
Wheeler, tramite l’effetto
olografico di Schwinger. Mentre la maggioranza dei fisici al lavoro
sull’unificazione, ha deviato dalla geometrodinamica quantistica a favore delle
teorie delle stringhe, comunque il lavoro su questa idea è andato avanti. Nel
1968 Brandon Carter ha mostrato che un buco nero con stessa massa, carica e
momento angolare di un elettrone, mostrerebbe lo stesso momento magnetico.
Questa è una scoperta importante, perchè i calcoli che non includono la relatività
generale e trattano l’elettrone come una piccola sfera rotante di carica,
forniscono un momento magnetico errato per almeno un fattore di 2.
Nel
2008 uno studio riguardante “uno scenario di gravità
forte nella fisica delle particelle” ha mostrato che buchi neri
in evaporazione per la radiazione di Unruh-Hawking, passerebbero in una
transizione di fase risultante in vari oggetti quantizzati di lunga durata e
dimensioni ragionevoli, incluse quelle delle particelle del dominio
quantistico. Ancora, questa porta a ipotizzare che forse tutto è fatto da micro
buchi neri. Nel 2012, Nassim Haramein ha scoperto (continuando dal lavoro precedente) che la forza di
confinamento di un adrone e un nucleo può essere esattamente descritta dalla
forza gravitazionale di un protone di Schwarzschild (un
buco nero con lo stesso diametro di un protone), senza necessità dell’aggiunta
di una forza forte. Anche se questi calcoli dimostrano che i micro buchi neri
presentano le caratteristiche osservate delle particelle elementari, come
massa, carica e spin, l’idea dei micro buchi neri continua ad essere fortemente
criticata. In un documento del 1992, Christoph Holzhey e Frank Wilczek hanno
indagato su come certi buchi neri possano essere ragionevolmente visti come
normali particelle elementari:
“Esiste
una distinzione fondamentale tra buchi neri e particelle elementari? L’uso di
concetti come entropia, temperatura e risposta dissipativa nella descrizione
delle interazioni del buco nero, fanno sembrare questi oggetti molto diversi
dalle particelle elementari. Questo fa sospettare che la descrizione dei buchi
possa richiedere una distanza dai principi fondamentali della meccanica quantistica.
Tuttavia un atteggiamento più conservativo non è certo precluso. In questo
documento analizzeremo una particolare classe di soluzioni dei buchi neri
(buchi neri di estrema dilatazione) in dettaglio e discuteremo del come alcuni
di essi sembrino in effetti comportarsi come le particelle elementari”.
Black Holes as Elementary Particles.
Black Holes as Elementary Particles.
La
nostra discussione in questo articolo non esaurisce l’interezza di fonti e
informazioni che possono riguardare questo argomento, ma fornisce una
panoramica generale nel lavoro fatto per indagare sul confronto tra micro buchi
neri e particelle elementari.
Nota: Frank Wilzcek ha scritto un recente articolo che discute la computazione quantistica topologica con anioni (arxiv).
Nota: Frank Wilzcek ha scritto un recente articolo che discute la computazione quantistica topologica con anioni (arxiv).
Estratto lavoro
David Wilcock
MECCANICA BASILARE DEL
QUANTUM ETERICO
Gli
esperimenti del dott. Kozyrev forniscono un punto di vista radicalmente
differente sulla materia e le sue interazioni e connessioni con l’ambiente
circostante, rispetto a ciò che si dice nella scienza ufficiale. Perciò, per
giustificare il motivo per cui la materia incrementa e decrementa leggermente
di peso è necessario pensare a un nuovo modello di meccanica quantica, basato
sulle interazioni con una fonte non-elettromagnetica di energia fluida.
Questioni di tipo più esoterico, collegate al modo di connettersi dei campi
torsionali con la coscienza e la spiritualità saranno discusse nei successivi
capitoli; a questo punto, il nostro proposito principale è quello di stabilire
in fisica un sistema di lavoro che spieghi esattamente che cosa sia
la materia. Se non altro, le scoperte di Kozyrev ci fanno capire che
non possediamo ancora un modello adeguato per rispondere a questa domanda.
Per
fortuna, molti pensatori esperti stanno affrontando i problemi relativi alla
fisica quantica, e sono riusciti ad illustrare modelli basati sull’etere che
rispondono a queste assillanti questioni, ma questi risultati sembrano essere
stati completamente ignorati nella comunità scientifica ufficiale occidentale.
Fra questi pionieri possiamo includere i professori Milo Wolff, Vladimir
Ginzburg, Volodymyr Krasnoholovets, Charles Cagle, “Smart 1234”, John Nordberg,
Henry Myers, Harold Aspden, R.B. Duncan, Buckminster Fuller, Oliver Crane, il
Ten. Col. Tom Bearden e molti altri. Ognuna di queste fonti contiene differenti
pezzi del ‘puzzle’, ma immaginiamo che il lavoro di Rod Johnson possa servire a
spiegare una serie di paradossi restanti – di questo studioso parleremo nel
capitolo quattro. Anche se certamente è possibile per autori futuri presentare
un modello completo e unificato, tratteremo solo alcune interessanti linee
guida allo scopo di dimostrare che un simile modello può e deve invece
esistere.
2.2
- LA NUOVA VISONE DELLA RELATIVITA’ IN GINZBURG
I
primi concetti chiave che desideriamo esplorare sono da collegarsi all’opera
del dott. Vladimir Ginzburg, nato a Mosca e trasferitosi negli USA con la
famiglia nel 1974. Dopo la laurea in scienze tecniche nel 1968, egli si trovava
certamente nella migliore posizione per conoscere le scoperte di Kozyrev, uno
dei maggiori astrofisici russi. Come detto, nell’ex-Unione Sovietica esisteva
un forte desiderio del regime di stendere un velo di segretezza su questi
argomenti, infatti Ginzburg stesso non menziona Kozyrev nelle sue opere.
Nondimeno, Ginzburg scoprì che potevano essere effettuate poche
semplici modifiche alle comuni equazioni facenti parte della teoria della
relatività senza creare discordanze con le osservazioni note e, per di
più, riuscendo a spiegare le anomalie di modificazione del peso della
materia che già Kozyrev aveva notato.
La
teoria della relatività afferma che un oggetto aumenta gradualmente
la sua massa una volta che è stato sottoposto ad accelerazione. Secondo il
pensiero scientifico convenzionale, nessun oggetto può superare la velocità
della luce, perché appena esso raggiunge tale velocità, secondo le equazioni
l’oggetto diventerebbe infinitamente grande. Allora, in termini
approssimativi, Ginzberg trovò che era possibile invertire completamente queste
equazioni senza violare alcuna regola scientifica. Questo
significa che invece di diventare più grande, un
oggetto avrebbe addirittura rilasciato energia verso l’etere nel
momento in cui fosse stato spostato, provocando così la perdita graduale
di tutte le sue caratteristiche profonde di massa gravitazionale, massa
inerziale e polarità elettrica qualora avesse raggiunto la velocità della luce.
Ginzberg presenta questi nuovi concetti nei seguenti termini: [grassetto
nostro]
Le
caratteristiche principali di queste nuove equazioni sono:
- Sia
la massa gravitazionale che quella inerziale di una particella decrescono quando
la sua velocità aumenta.
- La
polarità elettrica di una particella decresce allo stesso modo quando
la sua velocità aumenta…
Come
si vede, la massa (peso) complessiva di un oggetto è rappresentata sia dalla
massa gravitazionale che da quella inerziale, le quali sono semplicemente
misure del comportamento della gravità e dell’inerzia su di un oggetto.
Curiosamente, sia la gravità che l’inerzia manifestano essenzialmente
effetti identici sulla materia; ciò è noto come il “Principio
di Equivalenza” di Einstein. Tale principio ci mostra che la gravità e
l’inerzia sono due forme della stessa energia di uguale forza, una (la gravità)
che si muove verso giù, e l’altra (l’inerzia) che provoca la resistenza al
movimento nello spazio. Questo è uno dei modi più semplici per capire che deve
allora esistere un ‘etere’ o ‘vacuum fisico’, che risiede dietro queste forze,
come aveva già notato Kozyrev. Così, dopo aver iniziato ad accelerare un
oggetto (che abbiamo già detto essere simile ad una spugna immersa nell’acqua
in questo nuovo modello), la pressione aggiunta comprimerà atomi e molecole
dell’oggetto causando con sempre maggior evidenza il rilascio del suo etere.
Ginzburg
poi continua:
Potreste non essere
preparati ad abbandonare subito le vecchie equazioni relativistiche. Ma quando
lo sarete, scoprirete molte cose interessanti:
- Solo quando una
particella è a riposo può essere considerata come materia ‘pura’. Appena
la particella comincia a muoversi, la sua massa
gravitazionale e la polarità elettrica inizieranno a decrescere, in
accordo con le nuove equazioni relativistiche, così che una parte
della sua materia sarà convertita in un campo. Quando la velocità
della particella diventa uguale all’ultima velocità di campo a spirale
“C”, la sua massa gravitazionale e polarità elettrica diverranno uguali allo
zero. A quel punto, la materia sarà completamente convertita in un
campo ‘puro’.
“L’ultima
velocità di campo a spirale ‘C’” menzionata da Ginzburg è leggermente più alta
della normale velocità della luce, a causa del percorso a spirale che egli
ritiene ogni energia debba seguire. Questo semplice cambio nelle equazioni
della relatività base porta quindi ad una nuova fisica quantica della
trasmutazione, contenente il concetto che un oggetto può sparire
completamente dalla nostra realtà fisica conosciuta. E questo
conduce dritto ad un nuovo interrogativo: “Sparisce per andare dove?”
2.3
- MISHIN E ASPDEN TROVANO ENTRAMBI DIFFERENTI LIVELLI DI DENSITA’ DELL’ETERE
Ginzburg
asserisce che un oggetto diviene ‘campo puro’ quando la sua velocità si
avvicina a quella della luce. In ogni caso, risulta piuttosto evidente che ci
sono differenti livelli vibratori dell’etere, e perciò
possiamo dedurre che quando un oggetto viene accelerato verso la velocità della
luce, sia per mezzo di moto lineare, che per vibrazione interna o per azione
energetica correlata, l’energia mancante e la massa vengono semplicemente spostate in
un livello vibratorio di etere più elevato. In questo libro ci riferiremo a
questi livelli chiamandoli ‘densità’. Ad esempio, facendo pressione su
un pallone per mezzo della sua immersione nell’acqua, è possibile spostarlo
gradualmente facendolo passare da ‘aria interna’ ad ‘acqua interna’, la quale è
peraltro più densa. Rilasciando la pressione, la più elevata pressione
dell’acqua provocherà uno scoppiettìo del pallone che si ritrova di nuovo
nell’atmosfera. Si noterà che nulla della forma base del pallone è cambiato.
Anche se si tratta di un’analogia piuttosto rudimentale, è senz’altro la
migliore per spiegare molte anomalie di cui discuteremo nel libro.
Alcuni
scienziati come Mishin, Aspden, Tesla e Keely hanno scoperto, indipendentemente
gli uni dagli altri, che l’etere è suddiviso in differenti livelli di densità.
Apprendiamo da queste scoperte che le qualità della materia e dell’energia
saranno differenti secondo la densità, cosa che comporta un cambiamento nelle
leggi-base della fisica per ogni livello di densità raggiunto. Parleremo brevemente
delle loro scoperte per inserire le loro argomentazioni nel giusto contesto.
Prima
di tutto, il dott. A.M. Miskin di S. Pietroburgo, Russia, ha condotto
misurazioni molto approfondite per lunghi periodi di tempo nel suo laboratorio,
ed ha dimostrato che l’etere esiste simultaneamente in diversi
stati, e che lo stato che si rileverà dipende dal tipo di turbolenza
disturbante che si crea. Queste scoperte sono state fatte con misurazioni prese
per mezzo di sistemi elettromeccanici auto-oscillanti, simili ad alcuni schizzi
di Kozyrev, con in più un celato ‘componente nascosto’, più adatto a rilevare
onde di torsione da sistemi biologici che da sistemi inorganici. Con questo
tipo di misurazioni, Mishin ha potuto rilevare quanto segue:
- La
‘temperatura’ dell’etere, ossia la quantità di disturbo vibratorio contenuto in
esso;
- La
direzione e la polarizzazione dell’etere;
- I
movimenti fluenti, o ‘flussi’ dell’etere.
Mishin
ha numerato le differenti densità dell’etere come segue:
- Ether-1 che
funziona come un corpo solido;
- Ether-2 che
funziona come un denso liquido superfluido;
- Ether-3 che
funziona come un corpo gassoso, connesso con il moto molecolare;
- Ether-4 che
è lo stato osservabile a livello di energia del plasma stellare;
- Ether-5 che
corrisponde ai processi galattici.
Come
possiamo vedere, ogni livello di etere scoperto da Mishin possiede un
differente livello di densità rispetto agli altri, più chiaramente visibile nei
primi tre, che sono ovviamente in ordine decrescente di densità. Dobbiamo
ricordare che Mishin non è l’unico scienziato ad avere scoperto le diverse
densità dell’etere. Fin dagli anni ’50, il dott. Harold Aspden ha documentato
scoperte simili, e in questo caso queste scoperte sono state confermate
da equazioni estensive. Per di più, tutte le argomentazioni principali del
lavoro di Aspden hanno successivamente superato processi di revisione
accademica e sono quindi stati pubblicati in prestigiose riviste scientifiche;
di questo materiale daremo conto negli ultimi capitoli. Ancora, il fisico del
XIX secolo John Keely aveva già classificato sette differenti densità di etere,
probabilmente per mezzo di una scoperta simile a quella del dott. Mishin.
Tutte
queste ricerche ci permettono di introdurre il concetto che questi
differenti livelli di densità di energia eterica corrispondono a differenti
‘dimensioni’ o piani di esistenza. Molti insegnamenti di antiche
scuole misteriche sembrano accordarsi sul fatto che esista un Ottava di sette
maggiori densità che corrisponde ai sette colori dell’arcobaleno e alle sette
note della scala diatonica; di ciò si è parlato nei nostri volumi precedenti.
Una soluzione ai bizzarri problemi matematici delle ‘dimensioni superiori’ così
splendida ed elegante è esattamente ciò che aspettiamo di incontrare in un
Cosmo Divino. Le più pure e armoniche vibrazioni della luce visibile e del
suono udibile sono entrambe convenientemente organizzate in un sistema di
Ottave, e appare chiaro che le vibrazioni dell’etere non possano essere
diverse.
Anche
se continueremo a presentare nuove informazioni nel corso del libro, è chiaro
che l’effetto combinato dei modelli di Mishin e di Aspden, relativo ad un etere
‘multilivello’ rappresenterà un punto di riferimento importante. Mishin ci
fornisce la diretta evidenza dell’osservazione che tali
livelli esistano, mentre Aspden ci dà un completo sistema matematico che
spiega come e perché tali livelli esistano. Non è mai esistita una teoria dei
quanti in grado di spiegare i misteriosi e documentati effetti relativi agli
oggetti che appaiono, scompaiono e/o riappaiono intorno a noi. Questi effetti
includono anche le anomalie del Triangolo delle Bermuda e altri simili vortici,
e ugualmente fenomeni scientificamente documentati di telecinesi, come quelli
recentemente emersi in Cina nel libro di Paul Dong China’s Super
Psychics, che sarà discusso più avanti. Il materiale in questo libro mette
in evidenza una teoria che esplicita questi requisiti. Ancora più importante il
fatto che stabiliremo che queste differenti densità eteriche devono per forza
corrispondere a differenti livelli di intelligenza e di conoscenza. Per
ora, continuiamo ad esplorare le basi.
2.4
- GINZBURG E LA ‘DYNOSFERA’
Il
dott. Ginzburg suggerisce anche che queste nuove equazioni della relatività
rivelano l’esistenza di onde spiraliformi di energia, e un ‘campo
a spirale’ che si muove in un etere fluido e simil-sferico che egli
definisce “dynosfera”:
La dinosfera è un
assemblaggio delle bolle di campo che occupano l’intero spazio nell’universo.
Ovviamente,
la teoria di Ginzburg è in esatta armonia con le scoperte di Kozyrev. In
definitiva, l’etere deve essere visualizzato, al livello più sottile, come
un’essenza composta da bolle sferiche di energia etericache
esistono nell’intero Universo. Le onde di torsione si muovono attraverso questo
etere provocando ‘bolle di campo’ che si incontrano le une con le altre.
Nessuna bolla di muove in realtà molto lontano rispetto alla sua posizione,
come accade ad un gruppo di oggetti galleggianti che rimangono essenzialmente
nella loro posizione quando le onde attraversano l’acqua. Ogni volta che un
impulso di quantità di moto raggiunge una bolla di campo, la bolla
successivamente va a collidere nei paraggi, trasferendo il moto. L’impulso
continuerà ad essere trasferito attorno anche se tutte le bolle vanno a
posizionarsi nelle stesso modo in cui si trovavano all’inizio.
Il
nuovo modello di Ginzburg ci porta a considerare l’idea che gli atomi e le
molecole sono semplicemente formazioni di vortici, come gli anelli di fumo o i
mulinelli, i quali vanno a formare all’interno di questo etere fluido ciò che
egli chiama dynosfera. Anche se Ginzburg e molti altri hanno
fornito molte evidenti prove dei loro asserti, la maggior parte degli
scienziati ufficiali continuano ad ignorare questi concetti. In tal modo, essi
restano fermi all’interno di confortevoli edifici di pensiero basati sul
concetto che gli atomi sono costituiti da particelle. Invece, dimostreremo ora
che il modello a particella non è nulla di più che una credenza messa
su da una serie di supposizioni.
2.5
- SUPPOSIZIONI DELLA FISICA QUANTICA
Niels
Bohr per primo portò avanti il modello dell’atomo detto ‘magnetron’, basato
sulle particelle che orbitano le une con le altre come un piccolo sistema
solare. Molti non sanno che questo modello non può essere vero ed è in
realtà fuorviante, poiché una quantità di esperimenti conferma che le
cosiddette ‘particelle’ si comportano come se fossero onde. Questo porta a
problemi che possono indurre in confusione, come il paradosso del Gatto di
Schroedinger e il Principio di Indeterminazione di Heisenberg, entrambi i quali
cercano di dirci che gli atomi non sono in realtà ‘reali’ ma sono solo
‘probabilità’ a livello quantico. Avere qualcosa che non è ‘reale’ come
fondamento di una scienza della materia sembra assurdo. Dobbiamo qui ricordare
che la maggior parte delle nostre conclusioni sul regno dei quanti sono solo
supposizioni, messe su soltanto attraverso due fonti indirette:
1. analisi
spettroscopica
2. analisi
della traccia di vapore
Il
primo punto della lista è più semplice di quanto si possa immaginare. Un
particolare elemento (gruppo di atomi) viene collocato in un
piccolo contenitore trasparente finché non raggiunge uno stato mutevole
di energia, cosa che provoca il rilascio di luce (fotoni). Quindi,
una speciale forma di luce viene irradiata nell’elemento, che esercita
pressione sui fotoni rilasciati, cosicché essi passano attraverso un prisma(lens) o
una grata (slot) che li fa rifrangere in uno spettro dei
colori dell’arcobaleno. Lo spettro viene quindi registrato ed analizzato, e a
causa della qualità unica della radiazione luminosa proiettata attraverso
l’elemento mutevole (chiamata appropriatamente radiazione del ‘corpo
scuro’), la ripresa filmerà solo una piccola serie di linee
colorate verticali. Queste linee sono formate da un numero
incalcolabile di fotoni rilasciati dall’elemento chimico, a determinate esatte
frequenze di colore. Così sappiamo tutti per certo che gli atomi sono in grado
di rilasciare certe frequenze di colore luminose (i fotoni), che
sono state quindi sottoposte ad analisi – nulla più di una supposizione
informata.
La
seconda categoria di misurazioni quantiche è l’analisi della ‘traccia di
vapore’ o ‘camera a bolla’. Il mezzo adoperato per
rilevare le ‘particelle’ è una tipica camera a vetro riempita con gas altamente
pressurizzato, come vapore acqueo. La pressione è così elevata che non possono
essere inserite all’interno altre molecole, e quando una ‘particella’ satura
viaggia attraverso il medium, crea visibili disturbi. Ecco la spiegazione del dott.
Milo Wolff sull’argomento:
Il secondo tipo di
misurazione riguarda l’indirizzamento di singole particelle sature entro un
medium che registrerà il percorso della particella astraendo parte delle sua
energia allo scopo di creare una sorta di reazione visibile nel medium. Un film
fotografico e l’aria saturata di vapore o ancora dei liquidi costituiscono i
media comuni. Negli ultimi due casi il passaggio della particella [attraverso
il medium] provoca una sottile nebbia formata da particelle o bolle; perciò il
metodo è definito ‘camera a nube’ o ‘a bolla’. Se è presente un campo
magnetico, il percorso della particella è curvato [in una spirale] e la
misurazione del percorso permette il calcolo di massa, velocità ed energia.
Come
indica Wolff, la gran parte delle nostre credenze sulle particelle proviene da
questi due tipi di misurazione e dalle supposizioni inferite da
ciò. Un caso addizionale di ‘prova’ concerne l’idea che gli atomi possiedono un
nucleo di particelle. Tale assunto deriva dall’esperimento di Rutherford in cui
egli aveva bombardato una sottile lastra d’oro con protoni ad alta energia, e
misurato quanti di essi riuscivano ad oltrepassare la lastra. Un numero molto
esiguo benché misurabile di protoni non riuscivano a farlo, perciò Rutherford
concluse che quei protoni venivano rimandati indietro da un sottile ‘nucleo’
nel centro dell’atomo e che il resto dell’area era formato da un ampio ‘spazio
vuoto’.
Così,
abbiamo l’esperimento di Rutherford, l’analisi spettroscopica e della
camera a bolla come fondazione a partire da cui la maggior parte delle
supposizioni sulla fisica quantica prendono forma. Nessun atomo è stato
mai lontanamente osservato visualmente fino al 1985, anno in
cui i Laboratori di ricerca Almaden della IBM sono riusciti per primi ad usare
un microscopio a tunnel per elettroni allo scopo di fotografare realmente
l’organizzazione delle molecole di germanium in una macchia d’inchiostro. Ciò
che possiamo osservare di questo esperimento in Figura 2.1. sono degli oggetti
indistinti e sfuocati di forma sferica che sembrano possedere alcune qualità
geometriche non-sferiche nella loro forma e che si trovano in un modello
organizzativo estremamente geometrizzato, cosa che ha costituito una certa
sorpresa per la scienza convenzionale. L’immagine è stata colorata
artificialmente in arancione e verde per permettere all’occhio di discriminare
fra i due tipi di atomi riscontrabili in essa:
Figura 2.1. Fotografia
reale di atomi di germanium in una macchia di inchiostro
Ancora,
quando i fisici quantici hanno studiato gli ‘elettroni’ dell’atomo, hanno
osservato che essi non sono in realtà dei ‘punti’, ma piuttosto
delle forme lisce, una sorta di ‘nube’ a forma di lacrima in cui
il punto più stretto della ‘goccia’ converge in un punto molto piccolo verso il
centro (Figura 2.2.). Per rendere maggiormente l’idea, ripresentiamo estratti
dal libro del dott. Wolff (grassetto e corsivo nostri):
p. 122 – Non
esistono orbite dell’elettrone! Chiunque possieda la nozione di
elettroni che orbitano attorno al nucleo commette un terribile errore! Se
possedete una simile idea, scartatela immediatamente. Al contrario, tutti i
calcoli e tutti gli esperimenti dimostrano che non esiste nessun
moto orbitale tipo satellite in un normale atomo. Invece, esistono strutture di
onde a riposo.Per esempio, nel caso N = 1 nella Figura 9-1 [in questi
diagrammi, M = 0 e L = 0], vediamo che la struttura di onde a riposo è
del tutto sferica. Il centro della struttura dell’elettrone è anche il
centro della struttura del protone. Questa è la situazione normale degli atomi
H nell’universo; essi possiedono una simmetria sferica, non delle orbite.
Figura 2.2. Nubi di elettroni
vista dall’alto verso il basso (L) e da dietro (R)
[per gentile
concessione di Wolff, 1990]
p. 133 –
1. tutti gli
esperimenti atti a dimostrare che l’elettrone possiede una struttura centrale
sono risultati negativi.
2. non esiste
nessuna teoria quantica che possa prefigurare una dimensione per l’elettrone,
né una massa, né una polarità. Inoltre, nessuna teoria è in grado di
quantificare la particella in maniera significativa. Tutto ciò implica
che la teoria dei quanti non necessita del concetto di particella poiché
tutti i calcoli risultano gli stessi sia se si crede nelle particelle sia se
non si crede.
3. la sostanzialità
della ‘massa’ è dubbia perché essa può essere sempre convertita in
energia elettromagnetica, che non manifesta proprietà di particelle.
Come
suggerisce il dott. Wolff, le forme dell’elettrone a lacrima osservate sono esattamente
ciò che ci aspetteremmo studiando un’’onda vibratoria a riposo’. Ricordiamo che
la nube dell’elettrone dell’atomo di idrogeno deve possedere una forma sferica.
Ciò costituisce anche un indizio diretto che gli atomi sono formazioni a
vortice, visto che l’atomo di idrogeno è considerato la ‘pietra di paragone’ di
tutti gli altri elementi, con un ‘protone’ ipotetico nel nucleo e un
‘elettrone’ ipotetico in realtà rappresentato da una nube sferica.
2.6
- NEGATIVO E POSITIVO: SEMPLICI DIFFERENZE NELLA PRESSIONE
Come
ogni scienziato sa, le nubi di elettroni possiedono carica negativa mentre
i ‘protoni’ nella molto più piccola area del nucleo ne possiedono una positiva.
Ciò è noto come ‘la polarità della carica’, dato che ci sono due cariche che
vengono polarizzate, una opposta all’altra. Scoprire che cosa ciò significhi è
stato sempre un profondo mistero, così come possa esistere un ‘flusso’ nella
carica. Il problema ha fatto scervellare molti scienziati, e il dott. Aspden lo
ammette nei seguenti termini:
Ammetto di non riuscire a
risolvere il rebus della polarità della carica. Esso giace su un territorio
inesplorato e, a parte alcune escursioni in quel territorio, lo vedo come
qualcosa che non si trova sulle mappe…ed è anche una sfida e probabilmente la
frontiera finale delle nostre conquiste nel campo della fisica. Mi
sorprende che un simile argomento non sia mai stato menzionato dagli
studiosi come meritevole di una ricerca. Pare che sia più facile esplorare ciò
che accadde nei primi momenti dopo il Big Bang che dare uno sguardo a ciò che
accade vicino a noi e tutto intorno a noi, qui ed ora sulla Terra. [corsivo
nostro]
Nel
nuovo modello del dott. Crane e altri, queste cariche opposte, o polarità
di carica di positivo e negativo sono in realtà nulla più che differenze
nella pressione eterica. Le nubi di elettroni negativi possiedono una
maggior pressione, mentre il nucleo positivo ne possiede una minore. Detto in
parole povere, le cariche negative nell’elettrone scorrono nell’area
positivamente caricata al centro dell’atomo.
Ciò
suggerisce che sia possibile unificare maggiormente l’elettromagnetismo e la
gravità, poiché sia la gravità che la polarità della carica
rappresentano la pressione orientata verso l’interno dell’energia eterica, che
si dirige al centro del campo sferico o dell’oggetto. (La scienza
esoterica potrebbe affermare che queste siano entrambe forme della lotta della
materia e dell’energia per diventare nuovamente Uno). L’unica vera differenza,
quindi, fra gravità e carica elettrica risiede nell’intensità
effettiva della pressione eterica misurata, e nel grado di
simmetria in cui il flusso di energia si manifesta lungo la superficie
della sfera. Perché diciamo che la simmetria è così importante? Detto
semplicemente, le forze gravitazionali sulla Terra sono assai costanti da un
luogo all’altro, mentre negli atomi ci sono aree fra le nubi di elettroni nelle
quali non si riscontra un flusso di energia diretto verso il centro.
Spiegheremo il perché di queste aree soggette a partizione più avanti.
Ora,
con il concetto del dott. Crane di ‘pressione eterica’ relativa alla carica, il
mistero della polarità della carica è chiarito. A questo concetto è dato un
supporto fattuale incontrovertibile da ciò che è noto
come effetto Biefeld-Brown, proposto per primo dal dott. Paul
Biefeld. Allievo di Albert Einstein a Zurigo, Biefeld ha proposto un concetto
eterico della carica come flusso di etere, in cui la carica negativa è
da considerare un’area di alta pressione in un mare di energia
eterica, che tende poi a confluire in aree a bassa pressione di
ciò che chiamiamo carica positiva nello stesso mare. Se questo
modello dovesse essere vero, propone Biefeld, allora con un livello di
intensità elettromagnetica sufficientemente elevato, dovrebbe essere possibile
creare una forza propulsiva anti-gravitazionale.
Il
primo a verificare le teorie di Biefeld è stato il dott. Townsend T. Brown nel
1923. Il suo esperimento riguarda un ‘condensatore a piastra’, ossia una
semplice piastra elettrica positiva (a forma di disco) ed una negativa in mezzo
alle quali viene applicato in alto un materiale non-conduttivo o dielettrico.
Così, questo condensatore a piastra viene caricato con un certo quantitativo di
elettricità e sospeso ad un cavo solido il quale fa sì che il condensatore
stesso possa ruotare orizzontalmente qualora mosso. Dopo aver caricato
elettricamente questo oggetto, esso si muoverà indipendentemente verso
il disco positivo del condensatore, sostenendo una costante spinta e
provocando la formazione nell’intero assemblato condensatore/filo di rotazioni
circolari su sé stesso. Quindi, il dott. Crane così prosegue:
Quando il condensatore
veniva fissato verticalmente ad una scala graduata di una
bilancia, si poteva rilevare un aumento di peso se il polo positivo (bassa
pressione) veniva messo in rilievo. In modo corrispondente, se si
metteva in evidenza il polo negativo, si verificava una perdita di peso. L’intensità
dell’effetto era determinata dalle dimensioni delle aree polari delle piastre,
dal livello di voltaggio e calla capacità di polarizzazione del dielettrico
[grassetto e corsivo nostri].
L’ultima
affermazione sulla ‘capacità di polarizzazione del dielettrico’ può indurre in
confusione. Come abbiamo detto, un dielettrico è una sostanza non-conduttrice,
che in questo esperimento viene applicata fra i due opposti rappresentati dalle
piastre polarizzate. La ‘capacità di polarizzazione’ si riferisce alla capacità
del dielettrico di mantenere le cariche fra le due piastre separate o polarizzate.
In
tal modo, ciò che possiamo osservare è una scoperta profonda per capire
la struttura e la funzione dell’universo. Dopo aver stabilito un
flusso tra polo positivo e negativo, viene creato un vero e proprio fiume di
energia nell’etere circostante, e questo fiume verrà a forza attratto
verso il positivo. Un simile effetto è sufficientemente forte da
controbilanciare la gravità. Molte fonti rispettabili concordano
sul fatto che Brown abbia escogitato un mezzo per creare un’ unità
completa in sé stessa in grado di sconfiggere la gravità e di
diffondersi autonomamente nell’aria, e su questo lavoro sono stati in seguito
effettuati degli studi, fino ad arrivare al 10 maggio 2001, in cui Wilcock nel
Disclosure Project Executive Summary Briefing [incontro conclusivo sul progetto
esecutivo di divulgazione] è intervenuto con il supporto di altri partecipanti.
In questo congresso molti testimoni possono certificare che tutta questa vasta
mole di informazioni misteriose è stata invece utilizzata con successo nella
tecnologia della propulsione. Il sistema di anelli concentrici magnetici e
cilindri magnetici rotanti, ideato dal prof. John R. Searl e discusso nel
nostro precedente volume, è un altro sistema anti-gravitazionale funzionante,
ed è stato replicato con successo nonché pubblicato in Russia da Roschin e
Godin.
Con
molta prudenza si sta cominciando a sottoporre all’opinione pubblica il fatto
che l’effetto Bieler-Brown possa essere adoperato per la propulsione. Jeff
Cameron della Transdimensional Technologies ha filmato due
versioni del suo congegno ‘T3’ in azione, ossia una struttura metallica
triangolare con fili applicati ad ogni angolo. Su una base circolare
non-conduttrice, la struttura triangolare viene vista levitare e navigare
lievemente nell’aria dopo che la corrente elettrica è invertita. Si ascolta
anche un chiaro e soddisfacente “SNAP” [colpo secco] quando viene tolta la
corrente e il congegno improvvisamente ricade sulla superficie. Non sorprende
il fatto che nel Febbraio 2002 l’intero contenuto del sito web
correlato è stato rimosso ad eccezione della pagina del titolo, con
una vaga promessa di “star effettuando controlli”. Per fortuna nel marzo dello
stesso anno Jim Ventura è stato in grado di replicare indipendentemente lo
stesso identico esperimento, basandosi sulle ricerche di Jean-Louis Naudin, per
cui ora esistono sul sito Art Bell tre filmati diversi disponibili per pubblica
visione. E’ interessante notare che l’oggetto ruota costantemente intorno ai
fili nei primi due filmati, suggerendo il fatto che la pressione spiraliforme
delle onde di torsione (ossia l’energia gravispin) sia in azione.
Nell’atomo,
la sorgente negativa di alta pressione preme verso il ricettacolo positivo di
bassa pressione, e questo è il motivo per cui gli elettroni orbitano attorno al
nucleo. Tutto ciò ci porta alla conclusione che gli atomi e lo
‘spazio vuoto’ dell’etere che li circonda sono entrambi costituiti dallo stesso
materiale energetico tipo-fluido; l’unica differenza risiede nel
fatto che in un atomo l’etere ha iniziato a turbinare in un vortice centrale a
bassa pressione, viaggiando attraverso gli elettroni. Non sorprende che un
informatore proveniente dal Disclosure Project abbia rivelato che le astronavi
ARV (Alien Reproduction Vehicles) costruiti dall’uomo sono noti agli addetti ai
lavori come “flusso-linee”. Si tratta di un evidente gioco di
parole con il termine “aereo-linee”, che dimostra la conoscenza del fatto che
tali veicoli si spostano attraverso il flusso di energia anziché l’aria.
2.7
- SIMMETRIA SFERICA E UN ASSE CENTRALE
Per
il nostro prossimo punto chiave ci riferiremo alla natura dell’atomo, e potremo
osservare che gli esperimenti sulle ‘particelle’ della fisica quantica hanno
mostrato che esiste una tendenza verso una struttura sferica di tali campi di
energia. In ogni caso, queste strutture sferiche devono anche essere
viste come rotazioni. Sono state adoperate varie tecniche per
realizzare questa scoperta, come la misurazione delle qualità di particelle
identiche rilasciate da un emittente ad angoli successivamente differenti prima
di scontrarle con un detector. La validità della scoperta della rotazione non
fa parte del dibattito nel mondo scientifico ufficiale. Come afferma il dott.
Wolff nel capitolo 10 del libro Particles and Elettricity,
p. 147 – C’è un dilemma
sul carattere rotatorio dello spin, ed è il seguente: le particelle sono
simmetricamente sferiche in riferimento alla loro polarità, massa e
comportamento. Nonostante ciò, da una visuale umana dello spin con relativa necessità
di un asse per la rotazione, proprio questo asse distrugge la simmetria
sferica! Come può essere? C’è o non c’è simmetria? Una possibile via di fuga da
questo dilemma potrebbe essere questa: qualunque spin venga trasferito in
un’interazione (cioè misurato), il suo asse si trova sempre lungo la
linea di moto delle particelle. [grassetto nostro]
Così,
quando le ‘particelle’ si muovono nell’etere, il loro asse centrale di spin è
allineato alla direzione del loro moto. Ciò dà loro la stessa identica qualità
di “vortice” di movimento come possiamo osservare in un anello di fumo: questa
formazione viene creata automaticamente da un movimento a linea retta
attraverso un medium fluido.
Il
nostro prossimo interrogativo consiste nel vedere a che cosa assomigli questo
vortice sferico. Inizieremo a visualizzare che cosa avviene quando si prende un
fluido singolo e lo si fa rotare attorno ad un’area centrale. Dopo che il
fluido inizia la rotazione, forma un vortice lungo il suo asse
rotazionale. Ciò può essere dimostrato molto facilmente
riempiendo un recipiente di acqua e quindi mescolandola con le mani fino ad
ottenere un largo cerchio nel liquido. Formeremo ben presto un vortice al
centro del cerchio.
Ora, è
necessario immaginare che lo stesso fluido stia rotando in un’area sferica,
in tal caso all’esterno dell’atomo. Ciò che scopriremo è che si formerà di
nuovo un vortice lungo l’asse di rotazione, fra i poli nord e sud della sfera.
Su un polo della sfera l’acqua fluirà all’interno, con il vortice che diventa
progressivamente più ristretto man mano che si avvicina al centro, e quindi il
continuo moto dell’acqua farà sì che essa fluirà all’esterno al polo opposto,
quando il vortice diventa progressivamente più largo man mano che si avvicina
al bordo esterno. L’acqua deve scorrere internamente in una direzione ed
esternamente nell’altra, dal momento che non ha altri posti in cui andare.
Questa è una proprietà base delle formazioni “toroidi” e può essere osservata
negli avvolgimenti a spirale degli anelli di fumo.
Ovviamente,
un’immagine è meritevole di migliaia di parole di commento, e la Figura 5.6.
tratta da Charles Cagle mostra la struttura del toroide sferico al livello
quantico, ciò che egli definisce «elettromagnetotoroide»:
Figura 2.3. - «Elettromagnetotoroide»,
che mostra la formazione di toroidi sferici al livello quantico.
Continuando
le indagini sul fenomeno dello spin, scopriremo che anche altri scienziati
hanno adottato la forma di toroide sferico per il regno quantico. Le teorie del
dott. Harold Aspden a riguardo sono forse le più complete e ben strutturate
matematicamente, e sono state pubblicate in alcune fra le più importanti
riviste scientifiche. Il dott. Aspden illustra anche il concetto che gli atomi
sono in realtà formazioni sferiche di forma toroidale, anche se non usa il
termine «torus»:
Inserisco qui il commento
che la mia ricerca su questo soggetto mette in evidenza che l’etere è in grado
di mostrare un moto rotazionale, e un moto angolare, in quanto una
qualche sfera avente una densità di massa può ruotare
senza un asse centrale e non disturba l’etere che la circonda. In
tali prospettive possiamo continuare a ritenere possibile l’esistenza
dell’etere e non permetteremo alle nostre menti di essere usurpate
dalle dottrine di Einstein [corsivo e grassetto nostri].
2.8
- ALCUNE SPECIFICHE ANOMALIE DEVONO ESSERE SPIEGATE
Il
nostro lavoro sarebbe relativamente semplice se tutto ciò che c’era da fare era
considerare gli atomi sferici con un asse centrale, formanti in tal modo
vortici in un etere fluido. In ogni modo, esistono anomalie
geometriche specifiche che riportano alle osservazioni sui quanti e
generano la necessità di una spiegazione per completare l’analisi di questo
modello. Ecco due basilari problemi relativi ai quanti che necessitano di
essere relazionati al modello in esame per essere compresi appieno:
1. prima di tutto, è
necessario spiegare perché le ‘nubi di elettroni’ si dispongano nell’atomo con
spazi vuoti attorno, la qual cosa è opposta alle semplici formazioni sferiche.
2. quindi dobbiamo
cercare di capire come e perché queste formazioni di energia sferico-toroidali
si addensino in strutture di cristalli, come il cloruro di sodio o
sale, formando un cubo. Una delle proprietà più interessanti di un simile
cristallo è quella di frazionarsi naturalmente in versioni in miniatura di sé
stesso, nelle quali viene preservata la stessa relazione angolare fra le
sfaccettature.
Entrambe
le questioni possono essere risolte nel momento in cui si inizia a capire l’importanza
di ciò che sono definiti ‘I Solidi Platonici’, un gruppo di cinque diverse
figure geometriche che rivestono grande importanza nell’antica scienza sacra, e
sono state presentate nei nostri precedenti libri. In breve, le forme
geometriche dei solidi platonici appaiono naturalmente in un vortice sferico di
fluido vibrante o pulsante. Nel prossimo capitolo approfondiremo
l’importanza della conoscenza dei solidi platonici, sia presso gli antichi che
presso i moderni, scoprendo il peso di una sorprendente e inattesa evidenza
fisica della correttezza di questa teoria. Quindi, nel quarto capitolo
parleremo dei dati teoretici di Rod Johnson che completano la nostra
esposizione del regno quantico.
RIFERIMENTI:
1. Aspden, Harold. Energy Science Tutorial #5. 1997. URL: http://www.energyscience.co.uk/tu/tu05.htm
4. Crane, Oliver et al. Central Oscillator
and Space-Time Quanta Medium. Universal Expert Publishers, June 2000,
English Edition. ISBN 3-9521259-2-X
6. Mishin, A.M. The Ether Model as Result
of the New Empirical Conception. International Academy of MegaSciences,
St. Petersburg, Russia URL: http://alexfrolov.narod.ru/mi-paper.htm
7. Wolff, Milo. Exploring
the Physics of the Unknown Universe. Technotran Press, Manhattan
Beach, CA, 1990. ISBN 0-9627787-0-2. URL: http://members.tripod.com/mwolff
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Vortici ruotanti......
Ecco perché al fisica quantistica ha bisogno di una revisione
La grande unificazione
Soul distorsion capitolo 6
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